Di questo pezzo doveva occuparsi Novella Di Paolo, la mia preziosa collaboratrice che per seri motivi personali mi ha purtroppo lasciato sola, anche se spero solo momentaneamente. Ho voluto così, sapendo che ci legge, lasciare come l’ha raccolto lei, il racconto ‘a ruota libera’ di Maria Teresa Pecchini, brand manager di Esthéthique, il marchio etico di commercio equo che abbiamo scoperto insieme, io e Novella, a ‘Fa’ la cosa giusta‘ a Milano, lo scorso marzo.
Aggiungo solo due righe per introdurre il marchio, una bella iniziativa che nasce dal progetto di Materia Critica, studio di design e comunicazione formato da tre ragazzi emiliani che hanno messo a nuovo una cooperativa attiva da trent’anni nel mondo solidale. I prodotti di Esthéthique sono accessori ma anche gioielli e articoli per la casa di alta qualità, realizzati da artigiani del Madagascar, che nascono da relazioni basate sui principi di equità, rispetto e crescita della persona. Maria Teresa Pecchini, che ‘bazzica’ il Madagascar da oltre 30 anni e che ci ha vissuto anche per due anni consecutivi, conosce bene la realtà del posto, che si porta dentro insieme al suo popolo e alle sue contraddizioni. Lascerei parlare il suo bel racconto e il resto lo faranno le immagini di accompagnamento.
“I primi passi in Madagascar sono sempre un insieme di profumi e colori, di volti e suoni che ti accolgono. Una lingua che è musica che ci accarezza, il sorriso dei bimbi, l’odore forte delle spezie che ti entra nella pelle. La mente e il cuore che riconoscono questo luogo, che è casa. Anche quest’anno il cuore del mio viaggio sono stati i produttori, l’incontro con le loro famiglie, il lavoro, lo sviluppo di nuovi prodotti. È sempre difficile trasmettere ciò che si vive nell’incontro con loro, nel percorrere giorni e sentieri, nel fermarsi a riflettere insieme, nel semplice incontrarsi e sapere che abbiamo ancora voglia di collaborare (in malgascio si dice fiaramiasa ovvero lavorare insieme).
I primi di cui vorrei parlare sono gli artigiani della rafia e in particolare delle donne che realizzano le borse. È un gruppo che ha con noi una storia antica: Rahasolofo è un Raiamand’reny (parola che letteralmente significa padre e madre, ma che vuole indicare una persona ricca di saggezza), nel suo villaggio si lavora la rafia, il sisal, le fibre naturali, fibre che profumano di terra, di natura. Lavora con noi dal 1990, ho visto crescere i suoi figli, conosco i suoi nipoti, una famiglia grande e bella. Lui ormai è anziano e anche se resta indubbiamente un punto di riferimento per tutti, chi gestisce oggi le attività è Hasina, sua nuora, una donna con la D maiuscola, ha 3 figli, lavora la rafia fin da giovanissima, ma nonostante questo è riuscita a finire il liceo. È una persona curiosa, attiva, intraprendente, sempre desiderosa di imparare e di scoprire cose nuove, è sempre un piacere incontrarla, chiacchierare con lei, raccontarle e ascoltare i suoi racconti. Non posso essere in Madagascar e non andare a trovarli. Imeritsiatotsika, dove vivono, è circa a una trentina di km, ma ci vogliono un paio di ore per arrivarci, i tempi in Madagascar sono sempre lunghi, dilatati. Con Hasina lavorano 30 donne giovani e meno giovani, 30 mamme con i propri bimbi, ognuna nella propria casa, un villaggio in campagna e tanta voglia di mettersi in gioco. Abbiamo parlato di tante cose, mi hanno raccontato dei loro bimbi, della scuola, dei tanti mariti spariti a Tsiroanomandidy, una città sull’altipiano dove è fiorente il commercio degli zebù e in Madagascar dire che un uomo è andato a Tsiroanomandidy equivale a dire che ha lasciato moglie figli e responsabilità, dei Dahaloo (i briganti) che hanno attaccato il loro il villaggio, dei tanti problemi che attanagliano questo paese.
La tessitura del cotone è una lavorazione tradizionale del Madagascar, soprattutto nella zona dell’altopiano. E tradizionali sono i motivi che le donne compongono sulla tela. Gli Alo-alo, letteralmente ‘messaggeri’, sono stele tradizionali che in origine erano realizzate per decorare le tombe dei defunti di alto rango, ma che, nel tempo, sono diventate oggetti decorativi utilizzati in diversi contesti. Le artigiane continuano a tessere
con i tradizionali telai manuali e spesso lavorano in due sullo stesso telaio, data la complessità dei motivi decorativi. Gisele è la responsabile di questo gruppo di artigiane, sposata con 4 figli, rappresenta pienamente la voglia di riscatto di queste donne. Antsena è un piccolo villaggio del comune di Sandrandray a un’ora dalla cittadina di Ambositra. Sono circa una decina i piccoli gruppi familiari che, coordinati da Madame Gisele, lavorano con noi già dalla fine degli anni 80. Anche quest’anno sono stata a trovarle, a cercare di risolvere piccoli problemi di qualità, a sviluppare con loro nuovi prodotti, a testare nuovi colori e nuove idee. Loro sono tutte donne desiderose di migliorare il proprio lavoro, di sviluppare idee e percorsi che costruiscano futuri differenti ai loro figli, ai loro villaggi. È bello vederle tessere, mani che lavorano veloci, dita che intrecciano, occhi attenti a non sbagliare fili e colori per comporre le trame, trame e disegni che parlano di tradizioni e di sogni, di idee e di fede. C’è un che di sacro nel loro lavoro, di magico, fili che paiono mescolati a caso che creano immagini e pensieri. Un tempo ho letto che nella lingua Dogon la stessa parola significa tessere e parlare e guardando Gisele, Prisca, Bakoly non posso non pensare che la tessitura sia davvero un linguaggio, che forse a noi ancora non è sempre così comprensibile. Una cosa inaspettata è stato scoprire che quest’anno hanno aperto di fianco alla sede dell’associazione un piccolissimo ‘bistrò’ dove fanno e vendono cibo da strada per gli studenti della scuola che hanno vicino. Abbiamo fatto insieme un bellissimo brunch a base di frittelle alle verdure, mofo anana a base di cipolla, cavolo, zucchine ecc, piccoli sambosy, triangoli di pasta di riso ripieni di carne e fritti, mofo mamy, piccoli dolci cotti su una piastra, succo di uva e di ananas. I teli da mare, gli asciugamani e l’altra biancheria per la casa sono realizzati proprio da loro e tutti tessuti al telaio!.
Soatanana è un piccolo villaggio del comune rurale di Ambohimahazo, a circa due ore e mezzo di fuoristrada dalla cittadina di Ambositra. È abitato prevalentemente da donne; sono pochi infatti gli uomini rimasti a vivere lì, se ne vanno in cerca di fortuna e raramente tornano, lasciando alle donne il compito di crescere i figli e mantenere la famiglia. La lavorazione della seta selvatica è una lavorazione tradizionale della zona, infatti qui si tessevano i LandyBe, tessuti in seta, con cui si avvolgevano i morti prima della sepoltura. Le tecniche di lavorazione usate dalle nostre artigiane sono le stesse di sempre ma, grazie alla formazione, sono stati introdotti nuovi modelli e colorazioni realizzate con prodotti naturali. Sono circa 40 le donne che lavorano la seta in questo villaggio sperd
uto tra le montagne e Odette segue la produzione e si occupa di coordinare le attività delle altre donne. Si parte dalla raccolta dei bachi selvatici che si trovano nelle ormai poche foreste di Tilapia, è un baco endemico del Madagascar che viene mangiato e utilizzato soprattutto come nutrimento per i bambini essendo altamente proteico. Le donne fanno tutto, dalla raccolta alla cottura, dalla filatura alla tintura, con erbe e piante, del filo. Intrecciano la seta sui telai e in ogni filo intrecciano pensieri e sogni. Lavorano con noi da oltre 20 anni e da 3 abbiamo iniziato con loro una nuova formazione per insegnargli le tecniche del macramè per realizzare collane montate in seta. All’inizio è stato difficile, non pensavano di esserne capaci, usciva dal loro lavoro tradizionale, era fuori dalla loro esperienza ma ogni anno riescono a realizzare prodotti di maggior pregio e questo le rende molto orgogliose. Un villaggio ordinato, ben tenuto, tante donne, moltissimi bambini, gli uomini sono sempre una presenza sporadica ma queste donne sanno dare anche a loro lezioni di vita, di orgoglio, di capacità di sviluppo, determinate come sono a dare un futuro ai loro figli.
Ogni anno quando il viaggio arriva alla fine riparto portando negli occhi e nel cuore i volti di queste donne, dei loro bimbi e la certezza che tutto questo lavorare insieme è davvero uno strumento per un mondo più giusto e più ricco”.
Grazie Maria Teresa Pecchini e grazie Novi ❤️