Dreamers Torino, riflessioni su una moda portatrice di cambiamento

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Dreamers Torino - credits Stefania Bonatelli

Dall’1 al 4 novembre scorsi, a Torino, in occasione della Contemporary Art Week, è andata in scena, negli spazi di Toolbox, la terza edizione di Dreamers, rassegna dedicata alla moda indipendente che quest’anno si è concentrata sulla sostenibilità attraverso il tema Re-wear, individuando come comune denominatore il connubio tra etica ed estetica.


Dreamers Torino – credits Stefania Bonatelli


Barbara Casalaspro e Ludovica Gallo Orsi, ideatrici e curatrici della rassegna, spiegano che le motivazioni dietro la scelta del tema sono legate al fatto che abbiamo imparato a riflettere ad esempio sul cibo che consumiamo ma che raramente pensiamo agli abiti che indossiamo, ai materiali che li compongono, a chi li produce, insomma, all’intera catena di fornitura che porta alla realizzazione e alla vendita di un capo.

Dreamers Torino – credits Stefania Bonatelli

Perciò la rassegna si sviluppa attraverso un percorso complesso, perché tale è il mondo della moda sostenibile, un mondo in cui alla bellezza delle creazioni degli eco-designer e delle autoproduzioni, fatte di ricerca, sperimentazione e innovazione, si affiancano temi e situazioni urgenti e drammatici, come l’inquinamento ambientale, lo sfruttamento del lavoro, gli sprechi e tante altre questioni spinose.

Allora ecco i talk pensati per ascoltare e condividere progetti e differenti punti di vista, i workshop per adulti, ragazzi e bambini condotti da tutor d’eccezione, i percorsi espositivi e le performance, la fiera che ha presentato una selezione di 44 slow brand, tra atelier, fashion designer, collettivi, tutti protagonisti di una nuova visione della moda made in Italy, proposta in edizioni limitate e pezzi unici.

Dreamers Torino – credits Stefania Bonatelli

Il tema dell’edizione 2018 è stato così affrontato attraverso le testimonianze di designer di eco-couture, imprenditori, critici, atelier indipendenti, università e aziende, movimenti italiani e internazionali, tutti volti a generare uno scambio di idee e metodologie utili ad accrescere le nostre conoscenze nel settore della moda sostenibile e a indirizzarci verso comportamenti più consapevoli.

Ecco allora fare a tappa a Dreamers il progetto ‘Forests for Fashion – Fashion for Forests’, con il cortometraggio ‘Made in Forest’ che presenta la realizzazione di un abito sostenibile ideato da Tiziano Guardini e con l’esposizione di tre capi dei designer Flavia La Rocca, Silvia Giovanardi e Silvio Betterelli, affiancati da bozzetti e moodboard che mostrano il processo di ideazione e produzione dei capi stessi.

‘Abiti con passaporto’ ha messo in mostra i capi e il loro DNA, dalle origini del tessuto alle tecniche produttive fino alla storia dei materiali utilizzati per le tinture; tra i pezzi esposti, l’abito con cui Tiziano Guardini ha vinto il Green Carpet Fashion Award 2017, in seta cruelty free con ricamo in paillette create da gusci di cozze e CD riciclati e quello di Matteo Thiela, realizzato ad hoc per Dreamers con i filati di Tessitura Ubertino, cui Thiela ha applicato una particolare tecnica di tessitura detta Bombyx, da lui brevettata. Un lavoro manuale lungo 24 ore che consente la realizzazione di un vestito tridimensionale e ‘memory form’, che riprende la forma originale anche dopo esser stato piegato o lavato.

Dreamers Torino – credits Stefania Bonatelli

Gli studenti di alcune tra le più prestigiose Università di Moda a livello nazionale hanno poi presentato, in occasione di Dreamers, dieci abiti/progetti realizzati con materiali innovativi e sostenibili selezionati dalle curatrici e da un comitato composto da Marina Spadafora, coordinatrice di Fashion Revolution Italia, Anna Detheridge, Founder Connecting Cultures and Out of Fashion e Serena Campelli, Texile and Creative Consultant.

E ancora Denise Bonapace, designer di moda e docente presso il Fashion institute of Technology di New York e la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano (Naba), ha portato il suo ‘Rugs Tales’, un tappeto generato dall’assembramento e dall’intreccio di abiti appartenuti a suoi familiari, amici e conoscenti: dalla camicia con i draghi che le ha regalato il compagno al fazzoletto di seta cinese donato da un fornitore turco, dalla pezza di tessuto presa in un carruggio a Genova per realizzare i cuscini di casa al bordo del primo e unico abito ampio comprato quando Bonapace era incinta. Tante e diverse storie personali che generano una nuova storia collettiva di intrecci materici.

Insomma una rassegna davvero molto ricca e variegata (oltretutto a ingresso libero), e non ho parlato di tutto, un percorso multidisciplinare che ha permesso ai visitatori non solo di avvicinarsi alle tematiche legate alla moda sostenibile ma anche di interagire con esse perché scambio e partecipazione permettono, lo sappiamo, una conoscenza profonda delle cose. E conoscere è sempre necessario per agire con consapevolezza, soprattutto quando ci sono in ballo le sorti del Pianeta e della nostra stessa sopravvivenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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