L’operazione di decluttering che mi porta a Mercatopoli (parte 1)

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Il mio guardaroba pronto per il decluttering!

Alcuni dei termini che utilizziamo più spesso qui a eco-à-porter sono ‘riciclo’, ‘riuso’, ‘recupero’ e ormai sappiamo bene perché. Eco-moda non è solo utilizzo di materiali sostenibili e ricorso a pratiche produttive e di consumo meno inquinanti possibili ma anche evitare che tanti oggetti finiscano in discarica o negli inceneritori, a inquinare il suolo e in generale l’ambiente.

C’è un altro termine che forse abbiamo nominato meno ma che è entrato a far parte di questa serie di vocaboli legati alle pratiche sostenibili ed è il ‘decluttering’ ovvero eliminare qualcosa per fare spazio, ordine. Ormai è diventato un termine di tendenza, oltre che un principio di eco-sostenibilità e chi lo pratica non ha il mero scopo di buttare via gli oggetti ma di selezionare ed eliminare ciò che per vari motivi non usa più per liberarsi fuori ma anche dentro. Diciamo pulizia fisica che diventa anche interiore, esistenziale.

Il decluttering è strettamente legato al riciclo e al riuso perché tante cose di cui ci liberiamo non devono forzatamente finire nell’immondizia ma possono vivere nuove vite nelle mani di altre persone che sicuramente finiscono per apprezzarle più di noi che le abbiamo scartate, messe da parte, trascurate, dimenticate. 

Personalmente il decluttering lo pratico da sempre, anche quando non era ancora un termine inglesizzato; sono poco tollerante all’accumulazione seriale di roba, sia che si tratti di abbigliamento che di altro ma affezionandomi alle cose faccio anche fatica a separarmene o a fargli fare una brutta fine, quindi cerco sempre di considerare la spazzatura come ultima spiaggia. Allora o li regalo o li rivendo.

Mi dà un’emozione particolare vedere una cosa mia utilizzata da qualcun altro, come quando vedo un paio di miei jeans addosso a un’amica (a cui magari stanno pure meglio! 😜) o una maglia cui mia mamma, che ricicla davvero tutto, ha tagliato le maniche trasformandola in gilet. 

Poi ci sono i mercatini e qui, oltre a ridare vita alle cose, ci guadagno anche. E allora perché no? Mi piace frequentarli e ci porto da sempre di tutto, in particolare abiti e accessori. Mercatopoli è uno di questi negozi e mi fa piacere potergli rendere merito nel blog dopo tanti anni di compravendite, anche se ultimamente, per motivi logistici e di tempo, vado molto meno.

#iovendoconMercatopoli perché i negozi Mercatopoli si trovano in tutta Italia e spesso sono enormi spazi, anche su più piani, magari essi stessi trasformati per l’occasione da qualcosa in qualcos’altro, come alberghi, magazzini, ecc, in cui si trova veramente di tutto. Io, come già detto, visito soprattutto la parte dedicata all’abbigliamento e agli accessori ma anche quella dei libri e degli oggetti da arredo. E capita di trovarci delle vere chicche!

La prova da frequentatrice è la mia Mercatopoli card, con cui acquisto e lascio le cose in vendita e controllo online lo stato dei miei oggetti nella mia area riservata My Mercatopoli.

La mia card Mercatopoli

Avendo cambiato casa da poco, l’operazione di decluttering è stata necessaria e non è nemmeno terminata. La faccio a tappe perché sotto certi aspetti è anche faticosa e dolorosa. Liberarsi delle cose è liberarsi anche del proprio passato per fare spazio a nuove parti di se.

Stavolta a Mercatopoli porterò due blazer; amo le giacche maschili, trovo che su noi donne accentuino paradossalmente la sensualità e comunque si possono abbinare a tutto. Ma questi due blazer hanno fatto il loro tempo, anzi, uno non l’ha proprio fatto. Me l’ha regalato un’amica qualche anno fa, lei l’aveva appena comprato ma le stava davvero grande, così l’ha passato a me. Ma io non l’ho mai portato. E sapete perché? Bello il colore, blu navy, bello il taglio, leggermente avvitato e asimmetrico ma 100% poliestere! Se non si tratta di poliestere riciclato, questo è un materiale che cerco di non indossare più. 

Blazer n°1

Si tratta di una delle fibre più inquinanti al mondo, come tutte le plastiche non è biodegradabile e proviene principalmente dal petrolio, che è una fonte non rinnovabile. Ma è tanto utilizzato, soprattutto dai marchi di fast fashion, perché costa poco. Questo per quanto riguarda il blazer numero uno.

Il numero due ha un’altra storia e anche un’altra componente materica: è in lana, è gessato ed è un modello che è tornato molto di moda: spalle solide, revers a lancia e lunghezza ben oltre i fianchi. Ma fa parte di un passato che non voglio ricordare. L’ho indossato in momenti che sotto l’apparente felicità nascondevano inquietudine e tristezza, ne ricordo uno in particolare, quindi basta. Blazer numero due non ti voglio più. Un po’ a malincuore.

Blazer n°2

Ecco, porterò queste due giacche a Mercatopoli, così nel prossimo post potrò raccontarvi nei dettagli la mia esperienza di vendita e presentarvi chi crede così tanto nel recupero e nell’usato da averci fatto un lavoro.

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