Stella McCartney at the Copenhagen Fashion Summit - courtesy of copenhagenfashionsummit.com

Questa conversazione è necessaria, siamo chiamati ad essere responsabili“, le parole di Stella McCartney hanno riassunto l’ultima edizione del Copenhagen Fashion Summit, conclusasi ieri dopo due giorni densi di incontri e presentazioni con i più importanti speaker internazionali dell’industria del fashion, della politica, delle ONG, del mondo accademico e dei media. Tema, naturalmente, la sostenibilità nella moda, di cui la McCartney è da sempre una convinta sostenitrice. Ieri, in conversazione con Graydon Carter, ex redattore di Vanity Fair, sull’argomento ‘The 21st Century Fashion Company’, la designer, oltre a parlare del proprio marchio dalla sua fondazione ad oggi, ha approfondito ulteriormente il discorso sulle pratiche sostenibili nel settore, dando in questo senso consigli utili ai brand e ai designer presenti che hanno cominciato o sono intenzionati a produrre in modo etico.

La dichiarazione di Stella McCartney segna un’edizione che ha visto la presenza di 1.300 ospiti provenienti da oltre 50 Paesi del mondo, con una presenza massiccia di top manager, quindi dell’ala dirigenziale e un aumento della partecipazione asiatica del 60%, segno che l’interesse delle economie emergenti verso un approccio sostenibile è in crescita.

Se le edizioni precedenti del Summit sono state caratterizzate da tante ‘parole’, come sostiene anche Eva Kruse, a capo del Global Fashion Agenda, forum interno al Summit, in cui non si è fatto altro che, appunto, parlare e parlare e parlare durante incontri e tavole rotonde, sì stimolanti ma pur sempre confinati al momento della conversazione, quest’anno si è passati all’azione perché la necessità da parte delle imprese del settore di supportare e accelerare il cambiamento è ormai impellente. Il lancio di un nuovo spazio espositivo, l’Innovation Forum, in cui 50 espositori tra cui ECONYL® e Piñatex, hanno portato le proprie soluzioni sostenibili, ha permesso ad esempio di creare un’opportunità di incontro diretto con i fornitori.

Quindi più azione e meno discorsi, più volontà di cambiamento nell’immediato e meno procrastinare a un futuro prossimo perché i tempi della moda, soprattutto della fast fashion, sono veloci e non c’è un pianeta B, almeno per il momento, che ci aspetta.

 

 

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