Fashion, Environment, Change: la fanzine #3 di Fashion Revolution

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Copertina fanzine #3 di Fashion Revolution - courtesy of Fashion Revolution

I primi di agosto vi avevo parlato dell’uscita imminente della fanzine #3 di Fashion Revolution dal titolo ‘Fashion, Environment, Change’; ebbene, la rivista è uscita e mi è arrivata già da qualche giorno. È sempre un piacere riceverla e stavolta trovo un formato iper-ridotto (15 x 18) ma comunque piacevole perché dà l’idea di un opuscolo, di una sorta di vademecum leggero e portatile ma con dentro tante utili informazioni.

L’introduzione di Orsola De Castro, co-fondatrice della fanzine e di Fashion Revolution, dice tra le altre cose che la prima arma per portare un miglioramento nell’industria della moda è la conoscenza. La conoscenza in questo caso viene dal parere di diversi esperti che hanno dato il proprio contributo alla fanzine e nelle pagine successive seguono appunto questi piccoli contributi accompagnati dalle illustrazioni degli studenti di graphic design della Central Saint Martins. Eccone alcuni (e poi potete sempre ordinare la fanzine😉).

Sulla biodiversità di Sienna Somers – illustrazione di Florrie Macleod – courtesy of Fashion Rev

Sulla biodiversità. Sienna Somers, già autrice del blog ‘The Savvy Student’, studi in zoologia, scrive di come sia importante preservare gli 8 milioni di specie animali e vegetali terrestri per il loro insostituibile ruolo nell’ecosistema e che anche gli abiti che indossiamo hanno un impatto su di essi. E una t-shirt in cotone, ad esempio e il modo in cui quel cotone è stato coltivato, con insetticidi e pesticidi, costituisce già un attentato al suolo e ai suoi elementi. Se volete fare qualcosa potete acquistare cotone organico certificato GOTS e/o cotone riciclato, se possibile. La bella illustrazione è di Florrie Macleod.

Sulle emissioni. “Un paio di jeans 501 produce 33,4 kg di diossido di carbonio” scrive Sarah Ditty, a capo della policy di Fashion Revolution “non c’è da stupirsi del progressivo aumento del livello di diossido di carbonio nell’atmosfera”. E continua dicendo che gli scienziati prevedono che raggiungeremo il livello di non ritorno ovvero del disastro ambientale più grave entro il 2050, se non ci diamo tutti una regolata. Come? Per esempio, le stime  dicono che indossiamo un paio di jeans solo 2,3 volte tra un lavaggio e un altro… se li indossassimo ogni 10 lavaggi, potremmo ridurre l’energia usata del 77%! Illustrazione di Lillie Meyer.


Illustrazione di Lillie Meyer che accompagna il testo ‘Emissioni’ – courtesy of Fashion Revolution


Sugli oceani. Clare Press, responsabile per la sostenibilità di Vogue Australia e presentatrice di ‘Wardrobe Crisis podcast‘, parla degli 8 milioni di tonnellate che ogni anno invadono gli oceani. Una bottiglia di plastica può metterci anche 450 anni a degradarsi completamente. Non parliamo di una rete da pesca abbandonata: più di 600 anni! Una soluzione? Riciclare quella plastica, trasformandola in sneaker o in jeans oppure le reti da pesca in costumi da bagno (ne ho parlato in questo post). Già sta accadendo perché gli esseri umani sono ingegnosi e possono fare meraviglie (ma purtroppo anche disastri). Illustrazione di Alastair Vanes.

Sugli oceani di Clare Press – illustrazione di Alastair Vanes – courtesy of Fashion Rev


Sul riciclo. Matthew Needham, il designer che trasforma i rifiuti in abiti, dice che in un’economia circolare, il processo del riciclo è possibile a ogni passaggio, dal design alla produzione. Come rivoluzionari del fashion abbiamo l’opportunità di farlo in tanti modi diversi ispirando gli altri a fare lo stesso. Come giovani creativi abbiamo la libertà di essere innovativi con il riciclo esplorando i suoi limiti e insieme le sue potenzialità. È il nuovo zeitgeist. Illustrazione di Jessica Duggan.

Sul riciclo di Matthew Needham – illustrazione di Jessica Duggan – courtesy of Fashion Revolution


Sulla viscosa. Quando venne inventata a fine ‘800, la viscosa si presentava come l’alternativa più economica alla seta. Ma la sua produzione, oggi, richiede processi intensivi che vanno dalla deforestazione all’uso di sostanze chimiche tossiche. Molte compagnie stanno cercando di ridurre l’impatto della sua produzione collaborando con Canopy, una Ong che lavora con i brand per assicurarsi che il legno utilizzato per ricavare la materia prima per la viscosa sia certificato e che non vengano usate sostanze chimiche pesanti. Tutto questo e altro lo scrive Scarlett Conlon, fashion editor a The Guardian. Illustrazione, meravigliosa, di Helena Traill. (Della viscosa abbiamo parlato anche noi!!!)

Illustrazione di Helena Traill per il testo sulla viscosa – courtesy of Fashion Revolution


Come dicevo ne ho citati solo alcuni, ma la fanzine cita altri argomenti importanti accompagnati da immagini altrettanto deliziose. C’è anche una poesia di Wilson Oryema, scrittore e artista multidisciplinare. Take a look!

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