Se c’è un Paese europeo che si sta davvero impegnando per un’industria della moda più virtuosa, legiferando in termini di ESG (l’acronimo che sta per ‘Environmental, Social, Governance’ ovvero ‘Ambientale, Sociale e di Governance’ i tre criteri fondamentali per verificare la sostenibilità di un’impresa), questo è la Francia.

I nostri cugini d’Oltralpe avevano già, in tempi non sospetti, approvato la normativa sulla responsabilità estesa del produttore (EPR) nel settore tessile e in generale il governo francese legifera da un po’ in questo senso, includendo sia le imprese che i consumatori, per aumentare la loro responsabilità in termini di ‘no waste’ (per esempio con la legge anti-spreco del 2020).

Da pochi giorni, la Francia ha aggiunto un altro tassello, approvando una proposta di legge che prevede l’imposizione di un sovrapprezzo ai produttori di fast fashion con punti vendita nel Paese (quindi, praticamente, tutti!). Non sono ancora stati diffusi tutti i dettagli della norma, che saranno pubblicati in un decreto una volta superato il voto al Senato, ma il testo parla di una tassa che comporterebbe un sovrapprezzo iniziale di 5 euro per tutti i capi prodotti, aumentato a 10 euro entro il 2030. I proventi verrebbero destinati ai produttori di moda sostenibile, oltre che per gestire la raccolta, lo smistamento e il trattamento dei rifiuti tessili.

Senza andare a fondo della legge (ne hanno parlato tutti e ovunque in questi giorni, poi aspettiamo che arrivi in Senato), la mia riflessione è simile a quella che ho fatto quando uscì la notizia degli abiti ‘avvelenati’ di Shein: prima di tutto che se le leggi esistono, che se i paletti a certe produzioni si possono mettere, allora vanno messi con coraggio, determinazione e tempismo.

La Francia in questo è avanti da anni, ancor prima che si arrivasse alla vera emergenza attuale legata al profondo impatto inquinante dell’industria della moda e in particolare di quella low cost; ma l’Europa dov’era? E dov’è tuttora, se appunto permette ancora che colossi come Shein (e adesso Temu), prendano piede senza subire sanzioni, limiti, ecc?

Sì, potreste rispondere che è stata messa in campo la Strategia del Tessile Sostenibile, e io potrei ribattere ‘era ora!’ oppure ‘ma è abbastanza incisiva?’ o ancora ‘cosa prevede per i marchi di fast fashion’?.

Non ci serve solo che un Paese dia l’esempio, ci serve che tutti quanti, come Unione Europea, si diano da fare, in modo incisivo e rapido. Cosa aspettano, cosa aspettiamo? Non c’è più tempo.

La foto di copertina è courtesy Ibrahim Boran

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