Lo scorso dicembre avevo scritto dell’inaugurazione del ‘Punto Sostenibilità’ presso la Fondazione Fashion Research Italy, che a Bologna è un punto di riferimento importante per supportare il settore moda del Made in Italy attraverso attività di consulenza e formazione, oltre a conservare uno straordinario archivio tessile e una libreria con più di 5000 volumi tematici.
Un paio di settimane fa sono andata a visitare la Fondazione di persona, un’esperienza davvero formativa, non potrei definirla in modo migliore e, insieme, ho avuto il piacere e la possibilità di vedere anche la mostra ‘La gentilezza della carta. La sostenibilità è bellezza’ ideata e realizzata da Caterina Crepax, figlia di Guido, sì, padre anche di ‘Valentina’, dal quale Caterina ha ereditato sicuramente fantasia e manualità, cui vanno ad aggiungersi una formazione in architettura e la passione per la carta.
La carriera artistica di Caterina Crepax è cominciata negli anni ’90 e da allora la sua attenzione è sempre stata volta alla sostenibilità, tanto che il suo primo grande allestimento, in occasione del Salone del Mobile, lo ha costruito con carta di recupero.
Ed è proprio la carta la protagonista della mostra, prodotta con il 100% di fibre riciclate dalla storica cartiera veneziana Cordenons, con cui sono realizzati i 18 abiti-scultura modellati su manichini Bonaveri, di cui abbiamo già parlato perché prodotti in materiale biodegradabile B Plast® ovvero una plastica naturale che deriva al 72% dalla canna da zucchero.
Gli abiti, esposti in uno spazio minimale reso suggestivo dall’illuminazione, mettono in scena più di 60 pattern provenienti dall’archivio di textile design che la Fondazione custodisce nei suoi caveaux, disegni tessili antichi e moderni da cui la Crepax ha estrapolato immaginari multiformi e onirici, in cui decorazioni orientali si fondono con elementi naturali, paesaggi urbani, mitologia classica, intarsi di vecchi pavimenti, riccioli in ferro battuto.
Per esempio c’è ‘Saphira’, creatura marina con l’abito dal bustino gioiello ispirato ai motivi cachemire e pietre all over del 1991 e la gonna fatta di teli di carta a strati per un effetto ‘onda’ oppure ‘Madake’, bustino a squame, spallina fatta con calle verdi e gonna asimmetrica di strisce sovrapposte, dal pattern ‘bamboo giapponese’ del 1994 o ancora ‘Flor’, corpetto fatto da maxi-petali laterali e gonna svasata composta da grandi teli con grafiche alternate di varie lunghezze ispirate ai disegni di giungla tropicale e cubo datati 1978-1985.
Gli abiti sono 18 come dicevo, quindi vi lascio solo immaginare la ricchezza infinita di elementi decorativi che, tra le mani della Crepax, si sono fusi per rinascere in forme nuove e creare arte e bellezza.
Naturalmente tutto è fatto di carta, materia viva e funzionale che dimostra in questa installazione di poter diventare sempre altro da sé, secondo mille interpretazioni.
“Il tema della sostenibilità è da sempre centrale nel mio lavoro, dice l’artista, e la carta di riciclo e riuso è il materiale che più di altri diventa metafora della gentilezza che dovremmo usare nei confronti del nostro pianeta. Per questo progetto ho cambiato il mio usuale approccio creativo, che normalmente concepisce l’idea finale dell’opera, per realizzare la quale poi cerco carte di ogni tipo, dagli scarti tipografici ai vecchi libri ai pirottini per i dolci. In questa occasione invece il punto di partenza è stato il magnifico Fondo Brandone, e la sfida è stata quella di creare abiti che valorizzassero le splendide grafiche dell’archivio, mixandole per arrivare a un’armonia di colori e forme: in un certo senso per la prima volta mi sono improvvisata, per così dire, stilista, un approccio che mi ha stimolato e divertito moltissimo”.
Siccome la mostra è stata prorogata fino al 30 aprile per il successo di pubblico, vi invito a visitarla, merita veramente, oltre a essere anche un motivo di riflessione contro lo spreco e sul valore del riuso. Potete prenotarvi sul sito della Fondazione.
E siate gentili anche con la carta!