Noi, l’upcycling più prezioso

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di Mariangela (Angie) Bonesso

Provo sempre una grande empatia verso gli scarti tessili e in generale verso tutto ciò che viene riutilizzato o rigenerato, in quel processo che ormai sappiamo chiamarsi ‘upcycling’. Nei pezzi di stoffa, nelle rimanenze che potrebbero rivivere dentro un abito o un accessorio, rivedo il talento inutilizzato di molte donne che il mercato del lavoro non sempre rimette in circolo, relegandolo ai margini.

Lo raccontavo anche a una formatrice conosciuta attraverso la rete di WAB Women at Business, una start up nata nel 2020, da un’idea di Ilaria Cecchini e Laura Basile, per promuovere l’occupazione femminile.  Il tramite è una piattaforma, unica nel suo genere, che individua per mezzo di un algoritmo la combinazione più adatta tra un database di progetti aziendali e uno di competenze femminili. Un match che genera incontri professionali tra donne e aziende, per non disperdere occasioni di lavoro ed esperienze in linea. L’iscrizione alla piattaforma per le donne è gratuita e sono previste anche opportunità di rete e formazione.

Barbara Chiodi, fondatrice di eco-à-porter

Perché ne parliamo a eco-à-porter? Perché la sostenibilità passa anche attraverso la parità di genere e l’inclusione delle donne e Barbara Chiodi, l’autrice di questo blog, si impegna da sempre in questo senso, cercando lei stessa di fare rete e sostenendo talenti soprattutto femminili.

Arginare lo spreco di talenti femminili non è retorica ma un’urgenza reale a beneficio dell’intera società, come dimostrano anche gli studi sulla crescita del Pil in rapporto all’incremento dell’occupazione femminile. Confortano ma non bastano sporadici esempi di donne ‘protagoniste del cambiamento’, ‘role model’ cui ispirarsi, se nella realtà la maggioranza di noi sconta ancora la fatica di partire dall’ultima casella del tabellone con la paura di interrompere il giro a metà per una variabile: famiglia, età o una competenza che magari difetta e potrebbe essere semplicemente aggiornata. 

Noi siamo l’upcycling più importante sul quale investire, anche quando ci sentiamo sbagliate o poco allineate rispetto a certi modelli di carriera, amplificati dal successo di titoli e like, ma descritti con superficialità senza tener conto, ad esempio, di condizioni diseguali già in partenza.

E quando la sfiducia è tale da rischiare di renderci inattive? Che si fa? Mentre me lo domandavo, ho posto la stessa domanda proprio a Barbara, non un’esperta di moda sostenibile, lei stessa ci tiene a sottolinearlo, ma una giornalista con esperienza ventennale che nel 2017 ha scelto di comunicare e diffondere contenuti sulla moda etica attraverso un blog indipendente, che al greenwashing delle informazioni preferisce da sempre approfondimenti di taglio giornalistico.

“Una ‘ricetta’ non ce l’ho, sai? mi ha risposto, ‘vorrei averla, perché così, magari, potrei semplicemente tirarla fuori al momento opportuno, visto che di ‘down’ ne ho vissuti e ne vivo parecchi, anche per mia naturale propensione. Piuttosto, quando sento che mi sono incagliata o che, peggio, sto andando a fondo, respiro e aspetto. Se c’è una cosa che mi hanno insegnato questi ultimi anni, molto intensi e altrettanto faticosi, è coltivare l’arte dell’attesa e della pazienza, aspettare. Aspettare che passi, respirando, o almeno cercando di farlo, sapendo che, come sono scesa o caduta, posso risalire, rialzarmi. C’è anche un detto ‘cadi 7 volte, rialzati 8’ e mi sa che è diventato un po’ il mio motto. Aggiungo, poi, passione. Se dietro a ciò che faccio e per cui ho cominciato, c’è passione, allora anche i momenti no valgono la pena. La passione riallaccia i fili e ti fa riprendere da dove avevi lasciato. Sempre. Vale anche per le relazioni più complicate. Io e il mio blog ne abbiamo una così, per esempio”.

E poi c’è l’importanza di fare rete, di credere nella solidarietà femminile.

“Ho aperto il blog in uno dei momenti più bui della mia vita: lottavo per tenere insieme il mio matrimonio, che è andato in pezzi pochi mesi dopo. Da quel momento in poi è stata una lotta continua ed estenuante su vari fronti, tra cui, SOPRAVVIVERE. E ci metto dentro anche il Covid, la perdita di collaborazioni lavorative importanti, vari black-out mentali … in tutto questo il blog, il mio lavoro, la passione con cui cercavo di portarlo avanti malgrado tutto, sono stati un faro anche nei momenti più bui. Per ciò non l’ho mai mollato. Perché mi ha aiutato ad andare avanti, a vivere. E grazie ad esso ho anche stretto nuovi rapporti e non parlo solo di lavoro ma di amicizie, amicizie preziose, importanti con donne splendide, in gamba, capaci, che mi hanno insegnato tanto. E allora, non so se ad un certo punto farò come dico a volte, di mollare tutto per dedicarmi completamente ai diritti degli animali e dei cani maltrattati e abbandonati in particolare, però so che avere un progetto e dedicarcisi anima e corpo, salva la vita e salva la vita soprattutto a noi donne e ancora di più se facciamo rete, se collaboriamo, se ci sosteniamo una con l’altra. Ecco, la sostenibilità per me è anche questo, sostenersi, aiutarsi, supportarsi. E nella moda etica, settore così vasto, vario e ancora non molto praticato, o praticato in modo elitario, nel nostro Paese, ce n’è bisogno.”

Che uno sviluppo sostenibile non possa prescindere anche dalla parità di genere e dall’autodeterminazione delle donne, lo spiega anche l’Agenda 2030 dell’ONU. 

Ricordiamocelo ogni volta che qualcuno ci dice “non si può fare”.

Immagine di copertina @WAB – Women At Business

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