Il tempo vola e siamo già, quasi, a una nuova Fashion Revolution; la particolarità di questa edizione è che compie dieci anni, sì, è già passata una decade da quel 24 aprile 2013, quando crollò il Rana Plaza e nacque il movimento destinato a rivoluzionare la moda a livello mondiale.
E proprio per l’importante anniversario, quest’anno il tema della manifestazione sarà la Fashion Revolution stessa, o meglio, il suo Manifesto, quello in dieci punti che vogliamo ripercorrere qui, per ricordarci i motivi per cui, dopo dieci anni, l’impegno per una moda sostenibile sia più vivo che mai:
#1. La moda fornisce un lavoro dignitoso, dal concetto alla creazione alla sfilata. Non rende schiavi, non mette in pericolo, non sfrutta, non sovraccarica di lavoro, non molesta, non abusa né discrimina nessuno. La moda libera i lavoratori e chi gli abiti li indossa e autorizza tutti a difendere i propri diritti.
#2. La moda dà una paga giusta ed equa. Permette il sostentamento di tutti coloro che lavorano nel settore, dalla fabbrica alla vendita. La moda emancipa le persone dalla povertà, crea società prospere e soddisfa le le aspirazioni.
#3. La moda dà voce alle persone, rendendo possibile parlare senza paura, unirsi senza repressione e negoziare condizioni migliori di lavoro e tra le comunità.
#4. La moda rispetta la cultura e il patrimonio. Favorisce, celebra e ricompensa abilità e artigianalità. Riconosce la creatività come la propria risorsa più forte. La moda non si appropria mai senza dare il dovuto credito o prende senza permesso. La moda rende onore all’artigiano.
#5. La moda è sinonimo di solidarietà, inclusione e democrazia, indipendentemente da razza, classe, genere, età, forma o abilità. Sostiene la diversità come elemento cruciale per il successo.
#6. La moda conserva e risana l’ambiente. Non esaurisce risorse preziose, non degrada il nostro suolo, non inquina la nostra aria e acqua o nuoce alla nostra salute. La moda protegge il benessere di tutti gli esseri viventi e salvaguarda i nostri diversi ecosistemi.
#7. La moda non distrugge o scarta inutilmente ma ridisegna e recupera consapevolmente in modo circolare. La moda è riparata, riutilizzata, riciclata e ‘upcycled’ (non esiste un termine italiano per rendere bene questa parola, quindi la lascio in inglese! N.d.A). I nostri armadi e discariche non traboccano di vestiti desiderati ma non amati, acquistati ma non custoditi.
#8. La moda è trasparente e responsabile. La moda abbraccia la chiarezza e non si nasconde dietro la complessità né si affida ai segreti commerciali per ricavarne valore. Chiunque, ovunque, può scoprire come, dove, da chi e in quali condizioni viene prodotto il proprio abbigliamento.
#9. La moda misura il successo non solo da vendite e profitti. La moda attribuisce pari valore alla crescita finanziaria, al benessere umano e alla sostenibilità ambientale.
#10. La moda vive per esprimere, piacere, far riflettere, protestare, confortare e condividere. La moda non soggioga, denigra, degrada, emargina o compromette. La moda celebra la vita.
Ecco, leggendo questo Manifesto, è chiaro che siamo ben lungi dall’aver reso effettive, reali, queste pratiche e che, il mondo della moda mainstream, ha fatto tante promesse durante la pandemia, che poi non ha mantenuto. Ci vuole un impegno maggiore, sia dagli operatori del settore che dalle istituzioni, mentre noi cittadini/consumatori dobbiamo continuare a fare la nostra parte, responsabilizzandoci e facendo scelte consapevoli.
Per chi ancora non l’ha fatto, questo è un buon momento per cominciare la propria Fashion Revolution.