Ritorna l’appuntamento con l’intervista del mese e si viene così a creare un’altra interessante connessione tra creativi impegnati nella sostenibilità; a luglio Tiziano Guardini (ancora complimenti per la bella sfilata dell’altro ieri alla Milano Fashion Week!) mi aveva ‘nominato’ Paola Caracciolo, un’amica con cui ha condiviso gli inizi professionali, designer di calzature rigorosamente eco, deluxe e made in Italy. Ottimo, ci mancava una creativa di accessori nel nostro appuntamento mensile! Lasciamo quindi la parola a Paola e alla sua esperienza con la produzione di scarpe vegane di fascia alta.
Allora Paola, mi riallaccio all’ultima cosa che mi ha detto Tiziano Guardini ‘nominandoti’, cioè che ti ha incontrato agli inizi del tuo percorso e che lavori anche tu sul tema della sostenibilità. I tuoi inizi, appunto. Come sono stati e qual è la motivazione che ti ha fatto scegliere di produrre eticamente?
Quando si sceglie e si intraprende consapevolmente una strada votata al cruelty-free non si fa ovviamente più distinzione tra cibo e vestiario. Mangiare carne e indossare pelle sono due facce diverse della stessa medaglia. Nel 2006 in Italia ancora non c’erano molte alternative (e nessuna qualitativa) in termini di calzature cruelty-free. Non trovandole avevo deciso di produrle io direttamente aprendo così la mia prima attività sostenibile e vegan. Oggi Nemanti, il mio marchio, è il risultato di circa 12 anni di ricerca e di duro lavoro per amalgamare concetti che inizialmente sembravano distanti: sostenibilità, lusso e qualità artigianale.
Dalle mie ricerche in rete mi risulta che tu abbia dapprima fondato una startup, per poi passare appunto a Nemanti; sei rimasta nel settore calzaturiero ma con quali differenze, se ce ne sono?
La prima start up aveva un nome altisonante e carico di significati, ma solo per noi italiani. Con il tempo ci siamo resi conto che era molto difficoltoso da pronunciare per chi italiano non è. Con l’entrata di Sebastiano Cossia Castiglioni in società e con la spinta più cosmopolita del brand abbiamo deciso di fare re-branding, semplificando per il nostro mercato principale il nome e lavorando sull’immagine di brand. Con Nemanti è stato come ripartire da zero, abbiamo rivisitato e migliorato tutto: il nome, l’immagine, il sito, le scarpe…sì, perché abbiamo fatto un passo oltre anche con le collezioni e gli artigiani, ricercando ancora di più materiali, lavorazioni, manodopera e designer eccellenti.
I tuoi prodotti hanno nel DNA lo stile e l’eleganza italiani ma con il valore aggiunto dell’essere vegani; ti va di parlarmi dei vari materiali che utilizzi e di ognuno magari indicare alcune caratteristiche che ti hanno convinto nel tempo a continuare a usarli? Ne hai uno preferito?
Utilizziamo i migliori materiali presenti sul mercato in termini di comfort, durata e sostenibilità. Facciamo molta ricerca perché la materia prima è importantissima per avere un prodotto di qualità. L’ultimo materiale entrato in collezione è la pelle di mela, un tessuto molto sostenibile e molto bello da vedere che somiglia in tutto e per tutto alla classica pelle ma con il plus di essere ovviamente totalmente cruelty-free. Utilizziamo Alcantara, brand italiano molto noto per questo materiale estremamente qualitativo che ha una morbidezza al tatto incredibile. Per la prossima stagione abbiamo inserito in collezione una pelle di sughero che in termini di sostenibilità, morbidezza e comfort fa davvero concorrenza alle pelli più pregiate. Il nostro cavallo di battaglia tuttavia rimane da anni una pelle di grano, un materiale che deriva dai cereali di coltivazioni no food.
Interessante, mi hai dato diversi spunti a livello di materiali ecologici che approfondirò senz’altro. Ma oltre a questi, parlando dell’intera catena di fornitura, cosa rende le tue calzature sostenibili?
Noi prestiamo grandissima attenzione a tutta la filiera. Ti porto un esempio per chiarire quanto in realtà sia possibile approfondire in termini di sostenibilità: il nostro sito aderisce al progetto Zero Impact Web, cioè compensiamo la CO2 generata dal traffico internet di chi naviga sul nostro sito con la creazione e tutela di un’area boschiva (si pensi che i data center e le reti di telecomunicazioni consumeranno 2.000 miliardi di kilowattora di elettricità nel 2020, concretamente: un data center che opera a 4 MegaWatt arriva a consumare fino a 57 barili di petrolio al giorno). Prestiamo attenzione a tutto e cerchiamo soluzioni sempre nuove e innovative per rendere la nostra produzione ogni giorno più green.
E fate bene, complimenti! L’Italia sembra comunque ancora un passo indietro rispetto agli altri Paesi europei in fatto di sostenibilità e, nello specifico, di moda etica, anche se qualcosa si sta muovendo. Come imprenditrice con ormai diversi anni d’esperienza, come lo vedi il presente e soprattutto il futuro dell’eco-fashion nostrana?
La sensibilità e il rispetto per il pianeta e il benessere animale sta aumentando anche in Italia. Siamo ancora lontani dai livelli raggiunti soprattutto in Nord Europa ma negli ultimi anni l’eco-fashion non è più relegato a una nicchia di consumatori ma sta diventando un vero e proprio mainstream. Il trend è evidente, si amplia l’offerta di prodotti e il ‘consumo’ diventa più semplice e alla portata di tutti. Questo genera un volano positivo che porterà gradatamente a una modifica profonda nei consumi anche in Italia, sebbene con un po’ di ritardo.
Sì, sono anch’io di questa idea, scopro ogni giorno nuove realtà, imprenditoriali e creative, che si dedicano con passione a questa tematica e nella maggior parte dei casi avverto sensibilità e un’etica profonde e non mero desiderio di seguire una moda. Bene Paola, la nostra intervista è giunta alla fine; come da prassi ti devo chiedere chi nomini per l’intervista di ottobre, mentre ti ringrazio per il tuo importante contributo. Tienimi aggiornata sulle tue novità!
Nomino Ecoalf, conosciuti a una fiera a Berlino; mi sono innamorata della loro linea e comunanza di valori.
E allora andiamo in Spagna a fare conoscenza di questo marchio di abbigliamento e accessori impegnato nella salvaguardia degli oceani (e gli oceani qui a eco-à-porter tornano sempre 🌊).