Mi capita spesso di pensare agli incastri inattesi e sorprendenti di cui è fatta la vita; da qualche mese, quindi da non molto che il blog è aperto, pensavo di voler fare un pezzo su Tiziano Guardini, il designer eco-sostenibile che sta imponendo il proprio stile non solo nel circuito della moda etica ma in tutto il mondo del fashion, sfilando durante le Fashion Week ufficiali e attirando le attenzioni di personaggi come Anna Wintour e Suzy Menkes. Poi è successo che le ospiti della mia ultima ‘Intervista del mese’, Sara Francesca Lisot e Francesca Romana Rinaldi di ‘VIC – Very Important Choice’, abbiano ‘nominato’ proprio Tiziano Guardini per l’intervista di luglio, quindi eccoci qua e con immenso piacere!
Tiziano, innanzitutto complimenti per il tuo lavoro e i tuoi successi. Mi piacerebbe che tracciassi, per eco-à-porter, il tuo percorso sostenibile con le tappe più importanti che ti hanno portato a vincere, lo scorso settembre, il ‘Franca Sozzani GCC Award for Best Emerging Designer’ e a ottobre il PETA Award. In particolare, qual è stata la molla che ti ha avvicinato all’eco-moda? Perché ho letto che hai studiato economia.
Grazie per i complimenti e alle mie amiche che mi hanno citato. Sei sicura che vuoi che inizi dall’inizio inizio?! Lo hai voluto tu! Alla moda mi sono avvicinato all’età di 11 anni, quando mi sono ritrovato con un blocco di fogli in mano a disegnare intere collezioni e già allora c’erano dei riferimenti alla natura. Poi i miei volevano che facessi qualcosa di più ‘sicuro’ e quindi mi sono laureato in economia, ma per quanto mi sia sforzato.. e mi sia laureato anche con un voto alto..non era la mia vita e quindi ho lavorato due anni per pagarmi gli studi all’accademia di moda iniziando così a costruire il mio percorso. Io sono vegetariano da anni, adesso vegano e cerco di essere il più possibile sostenibile nel quotidiano; fin da piccolo mi toglievo le scarpe nel giardino di mio zio per sentire la terra e per non schiacciare le formiche, insomma credo di essere nato con questa sensibile necessità, quindi quando ho voluto raccontare qualcosa di personale l’ho onestamente fatto! La prima esposizione è stata nel 2012 ad Altaroma dove sono stato selezionato esponendo una pelliccia di aghi di pino e ho avuto subito la recensione di Susy Menkes sul New York Times, poi è seguito l’invito alle Nazioni Unite. E ho continuato per questa mia strada che è fatta di una continua ricerca sia a livello stilistico che di materiali. Quando poi è uscito il concorso ‘Green Carpet Fashion Awards’ (GCFA) ho ricevuto da più persone la segnalazione a partecipare, prima fra tutti da Elena Muserra De Luca, la mia attuale responsabile stampa, che all’epoca lo era dell’azienda dove lavoravo e che mi ha scritto “questo è il concorso per te, devi farlo!”. Poi è arrivato il Peta Couture Award e ad oggi cerco di sostenere progetti sostenibili e anche alcuni miei colleghi su questa strada.
Non mi pento di averti fatto questa domanda, anzi, hai reso bene l’idea dei motivi che ti hanno spinto a questa scelta e capisco anche il tuo amore infinito per la natura e gli animali perché li condivido. Infatti la tua affermazione ‘l’ecosostenibilità è la capacità di percepire la sacralità della vita’ che campeggia sul tuo sito ufficiale sembra un po’ il manifesto del tuo ‘credo’. Ti va di ‘raccontarmela’?
La vita è un dono prezioso, ma è anche tanto fragile. Siamo spesso incitati a guardare al nostro presente, alla nostra vita, alle nostre necessità, insomma a noi. La vita è una sola nel Pianeta e non solo. Siamo tutti collegati, sia tra esseri umani che con tutti gli esseri viventi, con il Pianeta e le stelle e ciò che noi facciamo adesso, i nostri gesti, hanno una ripercussione sia sul nostro presente sia sul futuro e su quelli delle persone lontane da noi. Io per esempio anche nella scelta dei detersivi uso quelli eco-compatibili perché so che quel prodotto non sparisce nel lavandino ma raggiunge i mari, dove vivono altri esseri viventi…e così via.
Ed è così che ognuno di noi dovrebbe ragionare. Credo che in ordine di tempo, correggimi se sbaglio, il tuo ultimo progetto sia il cortometraggio realizzato dalla Fondazione Pistoletto in partnership con il ‘Dipartimento foreste’ della ‘United nations economic commission for Europe’ (Unece/Fao) e la troupe della United Nations Web TV (Un Live), che racconta il tuo lavoro. Oltre alla tematica sostenibile, c’è qualcosa in particolare cui s’ispira il soggetto del corto?
Si, sei super informata! Il progetto nasce dalla necessità di raccontare e di essere attori di un cambiamento, essere responsabili di creare un futuro migliore. L’attrice hollywoodiana Michelle Yeoh ha voluto essere Ambassador di questo progetto ed è stato chiesto ad alcuni designer di disegnare un vestito per lei per questo film e poi lei ha scelto il mio. È fatto in Tencel, un materiale ecologico che deriva dagli alberi e lo abbiamo realizzato alla Cittadellarte di Pistoletto in team. Il corto racconta tante cose, tra cui la mia parte.
Lo vedrò senz’altro e ne parlerò in modo più approfondito nel blog. Parlando delle tue creazioni, che sembrano quasi sculture viventi, ce n’è una cui sei particolarmente legato? Se sì, perché? E quali sono i materiali naturali che preferisci?
Sicuramente è il vestito con cui ho vinto il ‘Franca Sozzani GCC for Best Emerging Designer’ che è in seta non violenta, anche chiamata Peace Silk, in cui a differenza della seta tradizionale, dove viene bollito il bozzolo con il baco all’interno per impedire che nell’ultimo stadio rompa il filo per uscire, nell’altro caso si aspetta che il baco raggiunga la propria evoluzione, diventi farfalla e solo dopo che è volata via viene raccolto il bozzolo ormai abbandonato. Il cappotto è fatto dal nylon proveniente dal recupero delle reti da pesca e del materiale plastico in mare. E poi il ricamo…ma vorrei in questo caso invitarti a cercarlo sui miei canali, è una sorpresa!
Eccoli Tiziano, non potevo non condividere una tale meraviglia con i miei lettori! Senti, questo blog è nato con l’aspirazione precisa che un giorno non troppo lontano si potrà parlare di ‘eco-à-porter’. Come eco-designer con esperienze importanti, a che punto di questo percorso sostenibile siamo arrivati? C’è qualcosa in più che il nostro Paese potrebbe e dovrebbe fare per incentivare questo settore del fashion?
Assolutamente si, come designer emergente è una lotta/corsa costante. Servirebbe un impegno mirato e concreto che sappia di volontà concreta di un futuro migliore. Spero che sia un po’ come nella favola africana del colibrì e del leone che amo spesso raccontare: “Un giorno, nella foresta, scoppia un incendio e tutti gli animali scappano impazziti per mettersi in salvo, tranne uno, un colibrì. Egli inizia a raccogliere una goccia d’acqua da un fiume vicino e la lascia cadere sopra le fiamme, poi torna e ne raccoglie un’altra, ma mentre sta tornando verso l’incendio, il leone vedendolo lo ferma e deridendolo gli chiede ‘cosa credi di fare tu che sei così piccoletto?’, il colibrì si gira un momento e gli risponde ‘sto facendo la mia parte’. Ecco qui. Spero che tutti noi riusciremo a fare la nostra parte, per noi stessi e per gli altri.
Sì, è un’ottima metafora e sono convinta anch’io che i grandi cambiamenti avvengano grazie alle piccole azioni di tanti. Siamo arrivati alla fine dell’intervista Tiziano e mi dispiace perché sei stato una bella scoperta ma spero avremo modo di chiacchierare ancora, magari di persona. Come ospite del mese di luglio dovresti ‘nominarmi’ l’intervistato del mese di settembre (agosto lo saltiamo, anche eco-à-porter si prende qualche giorno di pausa): chi sarà e perché?
Vorrei nominare una mia amica, che ho incontrato agli inizi del suo percorso e che produce scarpe, lavorando sul tema della sostenibilità, anche lei in Italia. Ciao Paola Caracciolo!
Bene, allora in attesa di Paola Caracciolo, io ringrazio ancora Tiziano Guardini, anima gentile e creativo visionario e gli faccio i miei migliori auguri per il suo straordinario percorso.