Mi piace che questa intervista con il mio primo ospite maschile coincida con la giornata della legalità, giornata che vuole ricordare la strage di Capaci in cui perse la vita Giovanni Falcone, un giusto che lottava per il cambiamento, per una società più onesta e pulita. Le persone che intervisto in questa pagina mensile sono, nel loro piccolo, portatrici di grandi cambiamenti e, a mio avviso, rivoluzionari e sognatori ma sognatori che i propri sogni li realizzano e che operano affinché altri possano a loro volta sognarli e condividerli. Come Matteo Ward, fondatore, insieme a Victor Santiago e Silvia Giovanardi (che vedete insieme a Matteo nella foto di copertina), di WRÅD, brand sostenibile che va ben oltre il concetto di marchio per abbracciare una vera e propria filosofia di vita. Ma sentiamo direttamente da Matteo le tante cose interessanti che ha a dirci
Allora Matteo, Marina Spadafora ti ha ‘nominato’ per questa intervista dicendo due cose: che sei il fondatore del marchio WRÅD e che hai ritrovato un metodo antico di tingere i materiali con la grafite risparmiando sull’acqua. Direi che sono due ottimi spunti da cui partire. Ti va di raccontarmi com’è nato WRÅD (che è anche l’anagramma del tuo cognome, non credo sia un caso!) e, poi, in cosa consiste questo metodo di tintura?
Marina, uno dei nostri mentori! Grazie Mari! WRÅD (crasi delle parole RAW e RAD ovvero ‘raw’ come crudo e ‘rad’ come radical) nasce come pagina instagram nel 2015 per raccontare attraverso le immagini di Victor Santiago, co-founder e art director del marchio, il costo reale dell’industria della moda ai nostri coetanei e alla più giovane generazione Z. Con noi anche Silvia Giovanardi, co-founder e oggi direttore creativo. Da lì, gradualmente, iniziamo ad alimentare gli incentivi per lo sviluppo di partnership strategiche e funzionali per trasformare WRÅD in innovatore e poi brand, con una mission precisa: fare il possibile per ispirare le persone a manifestare valori intangibili attraverso prodotti tangibili, realizzati nel modo migliore per l’ambiente e le persone. Ecco che nascono processi innovativi come appunto la tintura con grafite riciclata, sviluppata grazie ad una sinergia con un’azienda vicentina, Alisea Recycled & Reused Objects Design e al loro programma ‘Endorsed by Perpetua’ che ci ha fornito le risorse necessarie per concretizzare un nostro obiettivo: tingere i tessuti non con pigmenti chimici ma con la grafite recuperata dalla lavorazione degli elettrodi, altrimenti destinata alla discarica. Un’idea che è stata ispirata dalla tradizione, in quanto gli antichi Romani già tingevano con questo minerale e tramandata a noi dalla spettacolare comunità di Monterosso Calabro, paesino calabrese, che per più di 2000 anni ha tenuto in vita questa pratica.
Ho letto che è anche grazie a questo metodo che l’anno scorso WRÅD ha vinto ‘Best of the Best 2017’ al Red Dot Design Award, uno dei più importanti premi del design mondiale; il prodotto realizzato era la t-shirt GRAPHI-TEE™, se non sbaglio. È un prototipo che poi avete riprodotto nelle collezioni successive? C’è qualche altro capo iconico in produzione caratterizzato da tecniche o materiali particolari?
Esattamente, WRÅD GRAPHI-TEE Endorsed by Perpetua è il primo prodotto che abbiamo messo sul mercato con questa tecnologia. Ha vinto come ‘Best of the Best’ al RedDot Design Award perché non è una semplice maglietta, ma il manifesto di un’innovazione sostenibile con un potenziale enorme per il settore intero. Innovazione che oltre a ridurre l’impronta ambientale del prodotto in chiave circolare, ne migliora le prestazioni e la mano essendo la grafite un lubrificante naturale. L’evoluzione di GRAPHI-TEE è g_jacket, presentata sul palco di FashionTech e FashionSustain Berlin lo scorso gennaio, la prima giacca in denim organico tinto con grafite riciclata con un processo protetto da brevetto di Alisea Recycled and Reused Objects Design che ci ha consentito di ridurne l’impatto ambientale in fase di tintura del 96%.
WRÅD è quindi marchio, start-up ma anche movimento (so che fate anche attività nelle scuole), movimento come la Fashion Revolution Italia, di cui sei coordinatore insieme a Marina Spadafora; come si interconnettono queste diverse attività che hanno in comune l’impegno a generare consapevolezza riguardo all’impatto negativo che ha la moda sul pianeta e i nostri stili di vita?
Victor, Silvia e io siamo convinti che il cambiamento paradigmatico del settore a cui auspichiamo tutti non possa avvenire se prima non si risolve il problema di asimmetria informativa circa il reale impatto della moda. Se le persone non sanno che ogni giorno indossiamo prodotti che non ci rispecchiano dal punto di vista valoriale, come possiamo aspettarci che importanti innovazioni sul fronte produttivo possano trovare una domanda sul mercato? Come possiamo arrivare ad un nuovo equilibrio economico che metta le esigenze del pianeta e dei lavoratori al centro se prima non risolviamo la vera causa che ha portato la fast fashion a dominare? Come dimostrato dall’economista Akerlof negli anni ’70, l’asimmetria informativa non fa altro che generare inefficienze di mercato che porta prodotti di qualità più bassa a dominare. Ecco perché investiamo molto tempo nell’educazione nelle scuole, attività che amiamo. L’anno scorso con Fashion Revolution abbiamo raggiunto quasi 5.000 studenti di Licei e Università. People care when they know.
Le tue conoscenze ti vengono anche da una laurea in economia e prima di fondare WRÅD ti occupavi di Corporate Social Responsibility da Abercrombie & Fitch; quanto, studi ed esperienza professionale hanno influenzato le tue scelte successive, scelte che sembrano anche una ‘missione’ di vita?
Da Abercrombie & Fitch ho imparato molto. Grazie al mio duplice ruolo (Sr. Manager in Germania e Co-Chair del Global Diversity and Inclusion Council) ho avuto modo di scoprire gradualmente (nel 2013 e 2014) che il 90% dei prodotti tessili non erano più in grado di rispondere alle esigenze mie, della mia generazione e alle necessità del nostro pianeta. Ho capito così che quello che banalmente facevo, il mio lavoro, la mia vita, non erano più allineati con la mia identità e scopo: avere un impatto positivo. E percorsi simili li hanno vissuti Victor e Silvia. Da una situazione di crisi personale alla motivazione e volontà di costruire quindi un brand e un lavoro che fossero genuino riflesso di questa aspirazione, dopo un po’ di anni e sicuramente grazie anche ai miei studi, ci siamo arrivati. Sono in particolare appassionato di marketing e branding strategy e ho studiato molto le posizioni di Kuelwein e Schaefer, esperti di comunicazione che hanno delineato la posizione dei cosiddetti über-brands, brand con una funzionalità sociale che trascende i prodotti che mettono in vendita.
Quindi si può dire che anche WRÅD è un über-brand! Matteo, questa è una domanda che faccio a tutti i miei ospiti: potremo mai parlare di eco-à-porter?
Lo scopo mio, di Victor e Silvia è proprio questo. Costruire prodotti sostenibili capaci di entrare negli armadi di tutti, un ready-to-wear accessibile, democratico, inclusivo. Ci stiamo gradualmente arrivando rendendo innovativo anche il modello di business di WRÅD.
Ottimo. E io ci credo insieme a voi, Matteo. Avrei tante altre cose da chiederti ma per ora mi fermo qui, tanto sono sicura che riparleremo di WRÅD molto presto. Però dovresti ‘nominarmi’ il prossimo intervistato. Chi sarà e perché?
Conosci Sara e Francesca di ‘Very Important Choice’? Con il loro payoff “an alternative to fast fashion”, stanno mettendo in piedi la prima piattaforma italiana di sustainable clothes rental, cioè di noleggio di abiti sostenibili. Check them out! 🙂
Interessante, le contatto senz’altro. Grazie Matteo, è stato davvero un piacere, faccio a te, Silvia e Victor un grosso in bocca al lupo (e w sempre il lupo) per il vostro lavoro e i progetti futuri, tenetemi informata!