Teabag1928, tra recupero e metamorfosi

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Le shopper di Teabag1928

Solitamente non amo parlare dei prodotti in pelle, infatti credo che in un anno di blog non ne abbia mai scritto; per un fatto di coerenza non parlo di materiali che non sono cruelty-free e io stessa da anni non acquisto più capi e accessori in pelle. 

Ma oggi faccio un’eccezione e la faccio per Teabag1928, il brand di borse di Stefania e Federica nato nel 2014 nelle Marche (dove risiedo anch’io!) e che, nell’anno della sua fondazione, aveva già vinto il premio della Camera di Commercio ‘Impronta d’impresa innovativa, new made in Italy’.

Stefania e Federica di Teabag1928

Ne parlo volentieri perché la pelle che Stefania e Federica usano per realizzare le proprie creazioni, come gli altri tessuti utilizzati, proviene da avanzi di lavorazione di pelletterie e concerie, fine serie di tessuti, campionari dismessi. E la parola ‘avanzo’, a noi di eco-à-porter, piace, perché richiama tanti altri termini e pratiche virtuose come ‘recupero’, ‘riuso’, ‘upcycling’, ‘economia circolare’.

E il recupero non ha a che fare soltanto con i materiali ma anche con le lavorazioni e le persone. Come con le persone? Sì, perché fin da subito le due designer hanno sentito l’esigenza di ritornare a una dimensione assolutamente territoriale, votata al coinvolgimento di manodopera locale, per lo più femminile e over 40, con una manualità abile ma purtroppo afflitta dalla crisi.

Sporte

Si sa che le Marche sono una regione caratterizzata da un alto profilo artigianale, si pensi solo al comporto calzaturiero ma la crisi, appunto, ha minato il tessuto del territorio e continua a colpire pesantemente aziende e manodopera, quindi ben venga un progetto che si opponga alle delocalizzazioni spinte e dia respiro e opportunità ai lavoratori e alle lavorazioni locali.

Stefania e Federica ammettono di non avere una formazione accademica; si sono formate e si stanno formando tuttora sul campo, imparando le tecniche artigianali da chi opera nel settore da più tempo e sperimentando i materiali giorno per giorno, con un modello di business che non è altro che l’ascolto delle esigenze dei propri clienti.

Teabag1928 si pone così come una micro impresa dai molti valori aggiunti: produce sul territorio con manodopera locale, recupera materiali di scarto ma selezionandoli attentamente e sperimentando con essi, compie una ricerca attenta sui modelli e realizza pezzi unici, nessuno uguale all’altro, quindi prodotti in edizioni limitate e numerate.

E forse è l’unicità il valore più alto del marchio, il privilegio di avere a che fare con qualcosa di irripetibile e unico, appunto, poco contaminato dal sistema moda, che è un valore aggiunto anche questo e di questi tempi.

Dalle sacche alle borse, dalle shopper alle pochette ai foulard, ogni creazione si basa su combinazioni armoniche solo all’apparenza disarmoniche, su tessuti diversi tra loro che si rivelano poi un’epifania per gli occhi.

Dettaglio sacca nera

“Non ci inventiamo nulla” dicono Stefania e Federica “quello che facciamo è osservare il materiale insieme ai nostri modelli, immaginare il prodotto, valutare il sistema di chiusura o la lunghezza dei manici, cercare una soluzione pratica. Assegnare quello che sarà il suo numero identificativo. Immaginare come sarà fotografato. Ecco dopo tutto questo, il risultato è il nostro, con quelle determinate caratteristiche, con quei determinati equilibri, con quegli specifici materiali e quella combinazione di colori”.

Beh, sì, sono soddisfazioni! E comunque sapere di aver creato qualcosa contribuendo alla rigenerazione dei materiali e anche a quella economica, dà un gusto diverso al risultato finale.

Ultima cosa ma non meno importante, Stefania mi rivela che il nome del brand è un omaggio alla mamma, nata nel 1928 e amante della rosa Tea ma che è anche l’acronimo di Totally Eco Addict, un concetto che, casualmente, corrisponde al credo del marchio e a quello delle fondatrici. E anche al nostro!

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