“Per noi non è importante mostrarci ma percepirci, ancora meglio se lo facciamo felici nei nostri abiti”. Oggi comincio con una citazione che, a mio parere, racchiude concetto e stile del marchio di cui sto per parlare, Neurofashion, ideato da una psicologa esperta di scienze cognitive e appassionata di moda, Chiara Salomone, che va oltre la mera idea di abito, per riempire un vuoto che riguarda ciò che siamo e ciò che percepiamo in una società sempre più liquida, senza più confini netti.

‘Dress the Gap’ è la prima collezione di Neurofashion, concepita osservando un mondo dove le garanzie di stile e di ordine vacillano, dove luoghi e culture si sovrappongono creando una realtà frammentata, in cui l’abito ha il doppio ruolo di identificare l’evoluzione culturale e un tipo di società e al tempo stesso di rappresentarle.

E per Chiara Salomone non ci sono dubbi, quel ‘gap’ della collezione è il vuoto da sanare lì dove limiti e confini non esistono più e nemmeno misure e costrizioni; nasce così una comunità che si confronta e sperimenta, vestita di abiti che si conformano al corpo e alla sua perenne modificazione senza ricorrere a taglie, loghi, generi, stagionalità e occasioni d’uso.   

“In Neurofashion, dice Chiara Salomone, ci sono studio, etica e pensiero”, con l’obiettivo di offrire non solo un abito ma anche “uno spazio in cui l’abito diventa strumento e messaggio di benessere”; il marchio e insieme la sua prima collezione ‘Dress the Gap’ vogliono anche dare una risposta al bisogno di sostenibilità, che significa tra l’altro fare acquisti con cervello, guidandoci contemporaneamente nella consapevolezza che attraverso questi abiti vestiamo i corpi, gli diamo un habitat, un ambiente protetto dove vivere e quindi dove trasformarci.

Sostenibilità, poi, è attenzione all’uso dei materiali, che provengono da una filiera etica: cotone, seta e modal sono ricavati da fonti rinnovabili e sostenibili, utilizzati per dare forma a una serie di look morbidi e oversize, con pantaloni con chiusure a scomparsa che vogliono trasmettere non solo l’idea di ‘no size’ ma anche il concetto di un corpo vivo che cambia continuamente, inadatto a essere chiuso in una taglia.

Il tailoring dei capi spalla è urbano ed evoca le silhouette squadrate anni ‘80 con blazer, maglie e t-shirt dalle spalle larghe e dai volumi ampi, niente che stringa il corpo, ne lacci, ne cinture; e poi t-shirt lunghe e corte, trench e pantaloni cargo in organza di seta, caban con zip smanicati e legging.

In tutti i capi l’etichetta è posta all’esterno.

       

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