Tra le ragioni che mi hanno spinto ad aprire questo blog (Perché il blog) c’è la speranza, che in realtà propende maggiormente verso la convinzione, che moda ed etica creino sempre più sinergie in modo che in un futuro non troppo lontano si possa parlare di eco-à-porter. La direzione del settore pare proprio questa, anche secondo una fonte autorevole come il New York Times che, in un articolo uscito pochi giorni fa, parla dell’interesse crescente del mondo del fashion di alta gamma e dei marchi di sportswear verso l’utilizzo di tessuti riciclati e alternativi ricavati ad esempio dai funghi, dalle arance e dalla tela del ragno o meglio ispirati ad essa.In quest’ultimo caso è Stella McCartney, designer vegana da sempre impegnata in una moda cruelty-free e sostenibile, ad aver utilizzato un tipo di seta prodotta in laboratorio per due suoi outfit che ha presentato nel backstage dell’ultima collezione sfilata a Parigi lo scorso ottobre. Non testata ancora completamente, la fibra è stata sviluppata dalla Bolt Threads, società californiana che produce materiali alternativi dalle proteine presenti in natura, con cui McCartney ha firmato un accordo a lungo termine per l’utilizzo e l’ulteriore sviluppo della fibra che si chiama Microsilk.

Dopo aver studiato il DNA dei ragni e le loro tele, gli ingegneri della Bolt Threads hanno ricreato proteine ​​simili che sono state iniettate in lievito e zucchero e quindi sottoposte a un processo di fermentazione brevettato. La seta liquida risultante è stata poi trasformata in una fibra attraverso un processo di filatura a umido che ha permesso di ottenere filati poi lavorati a maglia nel tessuto.E perché proprio la tela del ragno? Perché questi Aracnidi producono fibre di seta con proprietà straordinarie tra cui l’alta resistenza alla trazione, l’elasticità, la durata e la morbidezza.Certo si tratta di un materiale ancora in fase di sviluppo, quindi la produzione iniziale continua ad essere limitata e i prodotti finiti, costosi; recentemente, sempre la Bolt Threads ha presentato una lotteria per vendere le sue prime cravatte di seta realizzate con la Microsilk a 314 dollari l’una. Ma come con qualsiasi nuova tecnologia, alle prime fasi seguono perfezionamenti e risultati che permettono di abbassare i costi e rendere i prodotti più accessibili. Sta poi a stilisti e CEO lungimiranti capirne la portata rivoluzionaria “riconoscendo che questi fantastici materiali di domani potrebbero essere qualcosa che la gente vuole comprare oggi”.

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