È un nome che sa di storia, quella calabra, e di saggezza, quella delle calabresi. Si chiama Cangiari, che in dialetto significa cambiare, è il primo brand di fascia alta nel panorama italiano della moda etica e racchiude in una sola parola una montagna di significati che hanno tutti a che fare con la sostenibilità.
Un marchio sulla cui asta sventola la bandiera del coraggio e del cambiamento che si fa anche guardando indietro, tornando alle origini. Il futuro si costruisce dal passato, è questa l’idea di sostenibilità alla base del brand, nato all’interno di una comunità di persone e imprese sociali che offre lavoro a persone svantaggiate operando in opposizione alla ‘ndrangheta e che ha un nome biblico ‘Goel’, che vuol dire riscatto. Una comunità che ha compiuto quindici anni, diventando un gruppo cooperativo e che propone un modello di etica ‘efficace’, mettendo al centro della propria impresa la persona e l’ambiente, tramite l’uso esclusivo di filati e colorazioni biologiche. Dal recupero di una tradizione antica si è data nuova vita ai piccoli laboratori artigiani della filiera creativa e produttiva di Cangiari, tutta radicata nei paesi calabri della punta dello stivale.
Ripartire da ciò che si ha ovvero dalle ‘majestre’, le tessitrici, che conoscevano a memoria le composizioni, come spartiti musicali, dei 1800 fili del telaio e che per ricordarsele ci facevano canzoni, le stesse composizioni che oggi le donne del circuito hanno deciso di imparare a loro volta a memoria per trasformarle in creazioni di alta classe.
Una moda etica dunque che vuole riprendersi il territorio, troppo ricco di bellezza per essere lasciato nelle mani della malavita. Ma anche una moda esclusiva. Le creazioni sono infatti altamente personalizzabili proprio perché realizzate a mano dalle tessitrici calabresi, giovani donne che si sono rimesse in gioco portando una ventata di freschezza in un’arte antica come quella del telaio, radicata nella Locride dai tempi dei bizantini. Influenza chiaramente riconoscibile, insieme a quella greca, nei disegni che Cangiari propone stagione dopo stagione, nelle diverse declinazioni di tessuto progettato per vestire la donna e la casa con ‘Abitare Cangiari’.
La nuova capsule della primavera estate disegnata dalla fashion designer Denise Bonapace propone eleganti capi leggeri e versatili che giocano con i dettagli di tessuto progettati per essere personalizzati da chi li indossa. Un pregiato tocco di originalità.
Impalpabili poi gli abiti de ‘La Sposa Etica Cangiari’, esposti anche alla mostra evento ‘Le Stanze della Moda Sostenibile’ organizzata dalla Fondazione Michelangelo Pistoletto, che se osservati da vicino svelano la preziosità dei tessuti realizzati a telaio e dei raffinati ricami fatti col chiacchierino, altro strumento antico che rievoca le nenie del passato, che quasi si riescono a sentire sfiorando con le dita le rifiniture.
Pezzi unici che, secondo i creatori, sarebbe un peccato mostrare solo il giorno del matrimonio. Ed ecco allora la provocazione del vestito da sposa che diventa abito da sera. Un altro modo per perseguire l’obiettivo della sostenibilità, con un gesto che è quasi un sacrilegio, ma che nell’ottica della moda etica assume un po’ i tratti della rivoluzione.
Sempre però con uno sguardo alle radici. Senza le quali non c’è futuro.
Novella Di Paolo