Ai miei più fedeli lettori, a chi insomma sono mancati i miei articoli e si è anche chiesto che fine avessi fatto, eccomi rientrata alla base. Sulla pagina Facebook di eco-à-porter qualche giorno fa ho pubblicato un post relativo proprio ai motivi della mia assenza, che ovviamente sono andati a sommarsi ad altri impegni ma di questo credo vi importi poco. Quindi, il mio post di rientro lo dedico proprio all’esperienza che mi ha portata in quel di Castelfranco Veneto, su al Nord-Est, a seguire un seminario molto intensivo sul denim organizzato da ISKO, colosso mondiale del denim di cui abbiamo parlato più volte per il suo impegno nella sostenibilità.

Il ‘Denim Seminar’, tenutosi il 18 e 19 marzo scorsi a Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, nella Creative Room, il centro italiano di ISKO specializzato in design e ricerca stile, fa parte del più ampio progetto formativo ISKO I-SKOOL, rivolto agli studenti delle scuole di moda, ai loro insegnanti e ai designer specializzati nel denim, cui vengono offerti laboratori ed esperienza nel settore, oltre all’opportunità di partecipare al contest che ogni anno si sviluppa attorno a una particolare tematica.

Uno dei locali della Creative Room

Ed è proprio dalla Creative Room che viene il tema su cui i finalisti del concorso, provenienti dalle scuole di moda più importanti del mondo, lavorano seguiti costantemente dal team creativo di Isko e il seminario è in questo senso un’importante occasione di incontro, scambio e formazione. Avendolo seguito da vicino entrambi i giorni, posso dire che è proprio così!

La full immersion è stata inaugurata da Rosey Cortazzi, ISKO Global Marketing Director, che, presentando ISKO e il suo ruolo di produttore globale di denim, ha puntato molto sulla sostenibilità, non nascondendo che si tratta di un discorso complesso, dalle mille sfaccettature, che abbraccia tutte le fasi di produzione del tessuto, a partire dal principale ingrediente, che è il cotone organico certificato. Ironica Rosey quando, parlando proprio di sostenibilità, l’ha paragonata al sesso adolescenziale ovvero tutti ne parlano ma pochi lo fanno davvero. Touché!

Dopo un breve excursus sulla storia del denim introdotto da Jacques Stuyt, ISKO Senior Sales Manager, la lezione ‘From field to fabric’ (‘Dalla pianta al tessuto’) di Baris Ozden, ISKO R&D Manager, ha esaminato i passaggi che trasformano il cotone grezzo in filato e poi in tessuto, un processo elaborato sottoposto ai più rigidi controlli qualitativi per rispettare le certificazioni di cui ISKO gode e che coprono tutto il Life Cycle Assessments (LCA), una metodologia globalmente riconosciuta utilizzata per valutare e quantificare l’impronta ambientale di un prodotto lungo il suo intero ciclo di vita, dalla materia prima appunto al prodotto finito. A Baris ho poi chiesto che significato ha per lui il termine ‘sostenibilità’, naturalmente applicata al suo lavoro e la risposta è stata “innovazione responsabile” ovvero un miglioramento continuo e responsabile in tutte le fasi della produzione, dalla filatura alla finitura e che questa responsabilità sia trasmessa anche al cliente finale.

Perché in effetti, se ci pensiamo bene, ‘sostenibilità’ può volere dire tutto e niente, soprattutto quando si pensa a una produzione tanto complessa come quella che trasforma un materiale grezzo in qualcosa di ben più articolato, come un filato, come un tessuto. I fattori in gioco sono molteplici e allora ‘responsabilità’ credo sia il termine giusto: responsabilità nella coltivazione (della pianta del cotone, in questo caso), responsabilità nella lavorazione, responsabilità nei confronti di chi quel materiale lo coltiva o lo raccoglie o, ancora, lo lavora. E così via.

Altre lezioni interessanti, dalla trasformazione del tessuto in capo finito alla modellistica, dal finissaggio all’innovazione in chiave sostenibile, sono state tenute sia dai membri interni della Creative Room sia dai partner ufficiali di ISKO, come Reca Group, azienda italiana specializzata in etichette, cartellini e packaging, Riri Group, produttrice di cerniere, Jeanologia, compagnia spagnola che sviluppa tecnologie eco-efficienti nel settore delle finiture, quindi trattamenti e lavorazioni con il laser ad esempio. Di Jeanologia ho visto in azione, presso la lavanderia industriale Everest, dei macchinari di ultima generazione in grado di velocizzare o sostituire tutte le lavorazioni vintage sul capo, realizzando anche stampe all over.

Presente tra i partner anche Lenzing, l’azienda austriaca di cui abbiamo parlato più volte per il suo impegno nella produzione sostenibile (o dovremmo dire responsabile😉) di fibre di Modal, viscosa e Lyocell, con la dettagliata presentazione di Hale Öztürk, Project Manager di Lenzing, che ha illustrato le diverse fasi di produzione delle fibre la cui materia prima deriva dalla polpa del legno, proveniente da foreste certificate (quindi non foreste antiche e in via di estinzione) con la supervisione della ONG Canopy. I sottoprodotti della polpa hanno poi diverse destinazioni, come lo xylan che diventa poi xilitolo per i chewing gum o l’acido acetico utilizzato nell’industria alimentare, mentre il sistema di produzione a ‘ciclo chiuso’ permette di controllare le emissioni e i tassi di recupero chimico.

La presentazione di Hale Öztürk per Lenzing

Ultimo ma non meno importante appuntamento del seminario, il workshop con Marina Tonella, qualcosa di diverso rispetto alle presentazioni classiche, mirato a stimolare lo sviluppo creativo degli studenti, toccando il loro modo di osservare, parlare, ascoltare. Perché per esprimere al meglio la propria creatività c’è da aprire la mente, guardandosi dentro e anche fuori.

Il workshop di Marina Tonella

Con la testa piena di cose sono tornata al mio blog e i ragazzi alle loro scuole, dove continueranno a lavorare per il concorso che avrà il suo momento finale il prossimo luglio a Berlino durante la Fashion Week. Avremo modo di riparlarne. Intanto vorrei concludere con le parole di alcuni dei finalisti, cui ho chiesto cosa significa per loro ‘sostenibilità’ e come vorrebbero applicarla al loro futuro lavoro.

Danielle Cinelli, 24 anni, da Los Angeles, Denim Design Professional: “Sostenibilità per me significa trovare modi per migliorare la produzione della merce, un passo alla volta. Un’azienda o una produzione sostenibili non si verificano da un giorno all’altro, sono necessari piccoli passi. La sostenibilità sta per esempio riducendo il consumo di acqua, l’uso di prodotti chimici e gli scarti di denim o di altro tessuto. Si tratta di essere intelligenti nella creazione di modelli per avere meno sprechi e anche trasparenti nei confronti del consumatore. Per quanto mi riguarda mi sforzo di imparare il più possibile sulla tecnologia laser e sui processi e i macchinari eco-compatibili. Un giorno spero che il mio prodotto rientri nella linea eco-americana con componenti chiave come tessuti in denim etico, poca acqua e zero prodotti chimici”.

Carmen Moser, 25 anni, da Berlino, Denim Design Professional: “La prima cosa che mi viene in mente quando penso alla sostenibilità è la durata, qualcosa che duri nel tempo, quindi di conseguenza la qualità dei materiali che si utilizzano per fare un determinato prodotto. Ma una moda sostenibile coinvolge per me anche il concetto di genderless, qualcosa aperto a tutti, senza barriere di genere. E poi, mi vengono in mente la tutela dei diritti dei lavoratori e la consapevolezza dei consumatori; uno degli scopi del mio lavoro è e sarà proprio quello di educare le persone alla responsabilità e in generale penso che questo sia uno dei compiti principali di ogni designer”.

Mao Xiuquing, 33 anni, da Hangzhou, Zhejiang, Cina, Denim Design Professional. Parlando poco l’inglese, Mao ha voluto comunicarmi il concetto di sostenibilità con delle immagini relative alla sua interpretazione del tema del concorso ‘New denim codes’, che naturalmente non mostrerò per ovvi motivi ma che posso riassumere dicendo che l’idea è quella del ‘non si butta via niente’, che ‘tutto è caro’, come da tradizione cinese e che qui si adatta a una visione multidimensionale di tagli e pieghe che si adattano alla forma del corpo, accogliendola.

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