Con la crescente importanza di certe tematiche, intendendo qui quelle legate alla moda sostenibile, nascono anche movimenti, gruppi, associazioni mirati a sensibilizzare il pubblico, sia addetti ai lavori che consumatori, su dinamiche e processi del settore moda, per aumentare la consapevolezza e facilitare l’approccio al cambiamento.

Una per tutti Fashion Revolution, ormai un punto di riferimento essenziale per tutti gli eco-fashionisti ma anche per chi si avvicina alla moda etica e vuole informarsi e approfondire certi temi.

Da poco se ne è affacciata un’altra che si chiama Fashion Declares ed è nata da una community di professionisti del settore tra cui Safia Minney, la fondatrice del marchio sostenibile inglese People Tree; in realtà Fashion Declares nasce sulla scia di altri movimenti simili come Music Declares (gruppo di musicisti) o Architects Declares (gruppo di architetti), tutti accomunati dallo scopo di esercitare pressione e influenza sulle problematiche legate al cambiamento climatico e a tematiche affini.

Fashion Declares punta sulla giusta idea che l’unione fa la forza, che quando ci si ri-unisce per il cambiamento, le voci si fanno più potenti e si ha maggiore possibilità di essere ascoltati.

Il movimento si concentra su cinque punti fondamentali:

  • 1) Parlare per un’azione urgente ovvero coinvolgere gli attori del sistema moda affinché sostengano pubblicamente leggi e accordi vincolanti e obbligatori per le aziende a conformarsi a standard riconosciuti a livello sia nazionale sia internazionale. Oltre a ciò, promuovere e condividere le migliori pratiche che siano di supporto alle aziende nel cambiamento;
  • 2) Decarbonizzazione, ripristino degli ecosistemi e biodiversità ovvero sollecitare un taglio radicale all’uso da parte del settore di energia, acqua e sostanze chimiche tossiche perché l’industria della moda raggiunga l’azzeramento delle emissioni di carbonio entro il 2030. Inoltre chiedere il passaggio a materiali a basso impatto, cessando di utilizzare fibre sintetiche vergini, adottando materiali riciclabili e biodegradabili e naturali, prodotti attraverso i principi dell’agricoltura biologica rigenerativa, favorendo i produttori su piccola scala e locali. In linea con l’economia circolare, promuovere pratiche come noleggio, second hand, riparazione, per prolungare la vita utile degli articoli esistenti e quindi ridurre il fabbisogno di risorse vergini, oltre al riciclo e al riutilizzo delle fibre sintetiche esistenti;
  • 3) Giustizia sociale ed equa transizione ovvero chiedere che l’industria della moda tratti tutti i lavoratori in modo equo e dignitoso, quindi parlare a favore dei diritti dei loro diritti, di un salario dignitoso, della libertà di associazione, dell’uguaglianza di genere e sfidare il razzismo sistemico e altre forme di potere abusivo. Sostenere inoltre l’adesione ai quadri di best practice esistenti per proteggere i lavoratori all’interno della catena di approvvigionamento, come, a titolo esemplificativo, Fair Wear, WFTO e Modern Slavery Act, al contempo chiedere nuovi accordi e leggi vincolanti, applicabili e verificabili ogni qualvolta necessario. Richiedere partnership dirette e a lungo termine con i fornitori per investire nella catena di approvvigionamento, nella comunità e nella resilienza climatica a livello globale. I fornitori sono partner nella trasformazione del nostro settore e devono essere partecipanti attivi nel processo decisionale. Il tutto per una transizione equa;
  • 4) Trasparenza radicale e corporate governance che consistono nel chiedere coinvolgimento a livello di consiglio di amministrazione e modelli di ruolo, con tutte le decisioni aziendali valutate rispetto al clima, agli impatti ecologici e sociali, per mettere il pianeta e le persone accanto al profitto. Le aziende dovrebbero sapere chi lavora nelle proprie catene di approvvigionamento e fornire una divulgazione pubblica completa dei vari livelli. Chiedere che le aziende si assumano la responsabilità della due diligence sui diritti umani e che garantiscano salari dignitosi ai lavoratori della filiera, il diritto alla sindacalizzazione e l’equità di genere e razziale, quindi impegnarsi con tutti gli attori della filiera, non solo con gli azionisti;
  • 5) Il modello di moda rigenerativa ovvero i marchi devono riconoscere che il modello economico esistente basato sulla crescita infinita in un pianeta con risorse limitate deve cessare. Chiedere quindi un impegno per la transizione verso un modello rigenerativo con un impegno immediato che generi equità per tutti.

Sono parole bellissime, che condividiamo fortemente e che ci auguriamo possano trovare presto un riscontro reale. Il cambiamento non può avvenire da un giorno all’altro, lo sappiamo bene, le più grandi rivoluzioni richiedono tempo ma al Pianeta di tempo non ne è rimasto molto. Prendiamone atto e agiamo.

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