Chiedo scusa ai miei lettori, queste ultime due settimane sono state piuttosto pesanti causa Covid (ebbene sì, alla fine l’ho preso anch’io!), ho fatto il minimo indispensabile ma ho comunque dovuto portare avanti un po’ le mie collaborazioni, quindi il blog ne ha risentito.

Si sono accumulati degli argomenti di cui volevo parlarvi, quindi non perdo tempo e vado col primo, in ordine cronologico il più ‘passato’, cioè che in occasione del Terra Madre Salone del Gusto, evento di Slow Food tenutosi dal 22 al 26 settembre scorsi a Torino, è stata presentata la nuova rete Slow Fiber, nata dall’incontro tra Slow Food e alcune aziende della filiera del tessile, che vogliono rappresentare il cambiamento positivo attraverso un processo produttivo sostenibile.

In questo senso Slow Fiber si pone l’obiettivo di divulgare la conoscenza dell’impatto che i prodotti tessili hanno sull’ambiente, sui lavoratori della filiera e sulla salute dei consumatori, promuovendo e sostenendo campagne di sensibilizzazione attraverso la partecipazione diretta di quelle aziende che hanno scelto di operare nel rispetto della sostenibilità ambientale e sociale.

Il manifesto di Slow Fiber segue la stessa linea di Slow Food; come viene perseguito il diritto al piacere alimentare attraverso la ricerca di ciò che “buono, pulito e giusto”, così deve essere anche per un’altra esigenza basilare dell’uomo, cioè quella di vestirsi, coprirsi.

“Oltre al piacere alimentare, dunque, il piacere estetico, la protezione e la ricerca della bellezza e di una migliore qualità di vita. Il bello non è solo un’affermazione individualistica di sé, ma è una forma di esercizio del diritto alla felicità che richiede il rispetto dei diritti altrui e la salvaguardia dell’ambiente e della natura che ci ospitano”.

Il manifesto prosegue dichiarando che “non è possibile eliminare il consumismo; è tuttavia possibile modificarne il corso, coniugando l’estetica, l’etica e la qualità di vita, attraverso consumi più consapevoli di prodotti sani, puliti, giusti e durevoli, capaci di emozionare perché legati a valori fondamentali come la tradizione, la qualità, la trasparenza della filiera produttiva che sembrano aver perso di significato e che noi vogliamo promuovere. Soltanto una crescente domanda di prodotti sostenibili (sani, puliti, giusti e durevoli) può innescare un cambiamento nelle strategie industriali dei produttori che sono chiamati a offrire beni di maggiore qualità con meno e più efficiente impiego di risorse, applicando i principii dell’economia circolare”.

Quindi Slow Fiber ha poche settimane di vita ma se saprà percorrere la strada fatta da Slow Food in questi anni, salvaguardando e promuovendo le realtà virtuose nel settore settile come già avviene in quello alimentare, possiamo aspettarci tanti bei cambiamenti e novità, come ad esempio dei presidi legati alla produzione di un certo tipo di materiale (adesso mi viene in mente la lana sopravissana, prodotta qui in provincia di Macerata, per citarne giusto uno).

Prima di chiudere ecco le aziende fondatrici di Slow Fiber: Oscalito 1936, L’Opificio Serico, Manifattura Tessile di Nole, Maglificio Maggia, Pettinatura di Verrone, Lane Cardate, Quagliotti, Tintoria 2000, Tintoria Felli, Olcese Ferrari, Italfil, Remmert, Pattern, Holding Moda, F.lli Piacenza, Angelo Vasino.

Immagine di copertina courtesy Slow Food

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