Ieri si è conclusa la settimana della Fashion Revolution, che è stata ricca di eventi e anche le nostre live con i tre marchi di moda etica sono andate bene (per chi se le fosse perse sono disponibili nel profilo Instagram del blog eco_a_porter).

Sabato 24 ha preso il via anche Artivism, mostra digitale frutto della call to action e concorso lanciati da Fashion Revolution Italia e Fondazione Pistoletto a dicembre scorso per ispirare artisti e creativi a dar voce e forma, attraverso l’arte, alla giustizia sociale e ambientale. 

La selezione è avvenuta tra più di 90 artisti che hanno risposto all’iniziativa con opere di cui sono state valutate coerenza semantica, originalità, qualità tecnica, potenziale capacità di ispirare attivismo sociale, resa estetica per la fruibilità digitale e valore manifestato come soluzione per il sistema moda.

40 le opere selezionate, visitabili nello spazio digitale Ikonospace fino a fine ottobre 2021, in un percorso che sottolinea come sostenibilità sociale e ambientale siano strettamente correlate e possano parlare, esprimersi attraverso approcci diversi e contenuti eterogenei.

C’è l’opera ‘To be’ di Carlo Modena, una danza tra un uomo e una donna a petto nudo, che esprime un nuovo modo di stare al mondo, consapevolezza e rispetto per i nostri corpi e per l’ambiente, trasparenza, sostenibilità, primitiva bellezza.

‘Era’, di Daniel Miori, è un filo grezzo di juta che risveglia la voglia di antichi mestieri che non sono mai definitivamente scomparsi, ma restano nell’ombra di quello che è il nuovo mondo, mentre ‘Le hai mai viste sui libri di storia’ di Patrizia Fratus sono figure arcaiche antropomorfe, non di genere ma generatrici, tessute riqualificando fibra tessile dagli scarti della lavorazione delle calze.

‘sVESTITI’ di Anna Brugnera propone un viaggio all’interno del proprio armadio e nel profondo della propria coscienza, unendo la sensibilità di diversi artisti provenienti da tutto il mondo. Un’opera che non si limita alla denuncia ma che, al contrario, celebra la bellezza, risorsa a partire da cui oggi è ancora possibile ricominciare a progettare un futuro migliore.

E poi, ancora, nylon, rete di plastica, neonati di plastica e fiori finti, vecchi giornali e colla per l’abito-scultura di Alice Furlan, che si prefigge di sensibilizzare le persone verso un cambiamento concreto nei confronti della salvaguardia dell’ambiente. I finti neonati applicati alla gonna rappresentano simbolicamente le generazioni future che si ritroveranno completamente ricoperte dall’immondizia che il fast fashion ha prodotto e accumulato anche a causa delle nostre decisioni.

Vi invito a vedere, anzi, a guardare tutte e 40 le opere, in ognuna troverete ispirazione e significato, non solo quello attribuito dall’autore ma anche quello vostro, personale.

In fondo è così che avviene il cambiamento collettivo, con l’apporto e la via-visione di ciascuno.


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