Di vintage parliamo spesso e volentieri perché, ormai lo sappiamo bene ma ci piace sempre ricordarlo, è una delle ‘best practices’ di vestire sostenibile che ha, rispetto al second-hand che è usato ma spesso attuale, contemporaneo, la peculiarità dell’appartenere a un’altra epoca, almeno 20 anni indietro.
Non solo, un capo o un accessorio vintage possono essere e sono, spesso, nuovi, mai portati, pezzi unici e firmati da marchi che hanno fatto davvero la storia della moda.
Ce lo racconta, e soprattutto illustra bene, ‘Icon Vintage Dress’, il libro di Beatrice Brandini edito da 99 Edizioni, un piccolo manuale di storia del costume del ‘900 in cui sono citate e illustrate le creazioni di alcuni dei maggiori couturier/designer, che nel tempo sono diventate “testimonianza di un’epoca, non solo per gusto ed estetica, ma anche per “usi e consumi”, ovvero espressione della società.
Beatrice Brandini, stilista di moda fiorentina con esperienza pluriennale presso aziende come Ferragamo, Roy Rogers, Puma ma anche creatrice di collezioni di beachwear e complementi nei più importanti store internazionali, uno per tutti il newyorchese Bergdorf Goodman, nonché autrice di un blog di arte, moda e design, con ‘Icon Vintage Dress’ approfondisce e amplia l’argomento ‘moda vintage’, “convinta che sia fondamentale conoscere l’argomento attraverso il suo passato”.
“Le creazioni e le scoperte di ieri, continua Brandini, devono essere un’ispirazione, una guida e, perché no, una sfida per il presente e il futuro. Guardare al passato non significa nostalgia, ma cultura e rispetto.”
Ed ecco allora alcune delle “creazioni e scoperte di ieri” interpretate dalla mano di Beatrice Brandini (che seguiranno poi in galleria qui sotto): la fluidità di Paul Poiret ovvero colui che liberò le donne dai corsetti creando abiti morbidi, drappeggiati, privi di costrizioni, con lui “la moda diventò moderna e da lì in poi non è più tornata indietro”; le rivoluzioni di Yves Saint Laurent, che sdoganò il maschile al femminile: il trench, la sahariana, lo smoking, oltre all’arte trasformata in abito come il ‘Mondrian’ del disegno di Beatrice Brandini; l’irriverenza di Gaultier, insieme alla sua ironia, alla sua teatralità, si pensi solo al reggiseno conico di Madonna nel ‘Blond Ambition Tour’.
E ancora il minimalismo di Jil Sander, con il suo rigore e i suoi toni minimali, per “donne con il cervello” (inteso per me nell’essere cerebrali fino all’estremo); la concettualità e l’indipendenza stilistica di Rei Kawakubo per Comme des Garçons, le sue sperimentazioni spinte che sfociano nell’arte, il genderless; gli esercizi decorativi di Dries Van Noten, maggiore rappresentante del sestetto di Anversa, ancora oggi il suo stile è pura poesia.
Potrei andare avanti ma mi fermo qui, perché ‘Icon Vintage Dress’ merita di essere sfogliato pagina per pagina, per soffermarsi su ogni bozzetto, osservarne i particolari e prendere coscienza che sì, la moda è tutt’altro che effimera, è cultura, patrimonio, storia e questo è un motivo in più per amare il vintage, studiarlo, cercarlo e indossarlo.
Grazie Beatrice.
Tutte le immagini courtesy Beatrice Brandini