Cosa scrivere di un’esperienza intensissima durata 16 ore, quando ogni minuto di quel tempo sembra prezioso, quindi valevole di essere raccontato? Mi riferisco alla masterclass organizzata dalla Fondazione per le Arti, l’Interdisciplinarietà e la Ricerca Connecting Cultures, all’interno del proprio corso di alta formazione della moda sostenibile Out of Fashion, che ho frequentato il 5 e 6 maggio scorsi a Milano, nella sede della Fondazione.

Un momento della masterclass

Dal titolo ‘Strategie di business per un’Europa digitale e sostenibile’, la masterclass, rivolta alle piccole-medie imprese (PMI), si pone come obiettivo di fornire strumenti ma anche visioni in quello che è ormai un processo di trasformazione già avviato, e necessario, delle aziende del settore moda verso l’economia circolare, processo richiesto dalla Commissione Europea.

A proposito di Commissione Europea, la masterclass ha vinto il bando ‘Small but Perfectly Formed’, progetto cofinanziato dal programma europeo COSME, nato per ‘accelerare’ la transizione delle PMI della moda verso modelli circolari e sostenibili.

La transizione, appunto. Non un passaggio facile, anzi, una vera e propria sfida per le aziende del tessile e dell’abbigliamento, soprattutto per quelle che non hanno grandi numeri e non dispongono di grandi mezzi, come sono quelle micro, fino a 5 addetti, che in Italia rappresentano il 98%, dato che deve far riflettere.

Giorgia Trasciani

L’intervento di Giorgia Trasciani, il primo del corso, ricercatrice presso la business school del Politecnico di Milano e del Centro Tiresia, parte delineando quella che è l’industria della moda, mossa da due forze apparentemente contrastanti: la creatività da un lato, il profitto dall’altro.

Un’industria che, per il tempo complesso che stiamo vivendo , si trova ad affrontare diverse sfide, che non possono non tenere conto di tutta quella rete di relazioni che vanno dagli addetti ai lavori ai fornitori, investitori, fino ad arrivare alla comunità e ai consumatori ovvero gli stakeholder.

E come il nuovo modello di business deve tenere conto di tutto quello che è l’ecosistema attorno cui si muove l’industria, così l’esigenza è quella di passare a un’economia di tipo circolare, per evitare sprechi e mantenere il più possibile i materiali in circolo.

Trasciani introduce poi il concetto di impatto ovvero tutti gli effetti e i cambiamenti sociali, , ambientali ed economici generati nel lungo periodo dalle attività svolte da un’organizzazione, che può essere anche un’azienda naturalmente.

Come viene misurato l’impatto è una cosa molto complessa che coinvolge diversi approcci e standard e che porta a dimostrare il grado di sostenibilità di una data organizzazione e ne sancisce il successo.

Eugenio Riganti

Sicuramente di successo è Must Had, di cui è CEO e co-fondatore Eugenio Riganti, il secondo docente, che ci illustra il percorso che ha portato lui e altri due soci a fondare una piattaforma di refashion diventata case study.

Dalla presentazione di Must Had agli step per la sua ideazione e lancio, Eugenio ci racconta di un business nato da una parola: ‘upcycling‘, pratica di cui noi parliamo spesso, perché predilige la qualità alla quantità, il pezzo unico e riabilita capi e/o materiali che hanno perso il proprio appeal o sono semplicemente di seconda mano o deadstock.

Non rivelo troppo di questo business, perché prossimamente vorrei dedicargli un pezzo ma la lezione si rivela estremamente interessante ovvero seguire l’ideazione, la nascita, lo sviluppo e il posizionamento di un’impresa, cercando di capire ‘cosa sì e cosa no’, con un’occhio al mercato e l’altro ai risultati e alle performance, è un’ottima opportunità.

E poi? Poi serve essere anche un po’ (tanto) visionari, perché, pur essendo già cominciata, la transizione verso un modello di business circolare si spalmerà sul lungo periodo ed è utile immaginarsi quel futuro lì, con annessi i possibili scenari. Lo abbiamo fatto con Mariagrazia Berardi, Special Projects Coordinator e responsabile del progetto EEN di CNA Lombardia e Nicoletta Boldrini, ideatrice di ‘Tech4Good’, giornalista e consulente, specializzata in analisi degli impatti delle tecnologie sul nostro futuro, insieme a Safaa Mataich e Nicoletta Crisponi.

‘Visioni di futuro a partire dalla strategia europea per il tessile e il sostenibile’ analizza un contesto in continua evoluzione, in cui molteplici fattori, tra cui nuove tecnologie, nuovi modelli di business e diversi cambiamenti sociali e climatici, interagiscono dando vita a un quadro dinamico, in cui possono verificarsi più scenari.

Perciò, oltre a fornirci le informazioni legate alla strategia messa in atto dall’Unione Europea, dall’Agenda 2030 con i suoi 17 obiettivi al Piano d’azione per l’economia circolare per un’Europa più pulita e competitiva all’istituzione del regime di responsabilità estesa del produttore per la filiera dei prodotti tessili di abbigliamento, calzature, accessori, pelletteria e tessili per la casa, Mariagrazia Berardi e Nicoletta Boldrini ci sfidano a immaginarceli davvero, questi futuri possibili, a esserci come se fossero il nostro presente, tramite dei ‘Foresight Workshop’.

Questi ‘esercizi di futuro’ ci aiutano a sviluppare una robusta attività anticipatoria, che non significa avere la palla di cristallo, perché un certo modello potrebbe anche sbagliare, ma attuare un comportamento anticipante che si rivela sempre più solido del comportamento reattivo ovvero aspettare che accada qualcosa e poi rispondere.

Ci trasformiamo quindi tutti in ‘futuristi’ e i vari esercizi che ci vengono richiesti ci aiutano ad ampliare i nostri quadri mentali, a tirare fuori e sviluppare nuove idee ma anche a rivedere noi stessi, sia come individui sia come membri di un gruppo.

Questo è ciò che ognuno di noi dovrebbe imparare a fare, in questo quadro complesso che è la vita di tutti i giorni, piena di sfide, ostacoli e opportunità, senza aspettare il futuro. Pensandolo già qua.


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