Voci autorevoli nella moda sostenibile ne abbiamo? Per fortuna sì e qui ve ne abbiamo fatte sentire diverse. Ad esempio Francesca Rulli, che conoscete già perché ho scritto del suo libro ‘Fashionisti consapevoli‘; e proprio in quel pezzo scrivevo della capacità della Rulli di accompagnarci nei passaggi di una filiera lunga e articolata e a districarsi in una fitta trama di leggi, disposizioni, processi e materiali che vanno prima di tutto compresi.

Francesca Rulli

Francesca è tante cose, tra cui CEO della società di consulenza da lei stessa creata Process Factory, oltre che fondatrice, nel 2013, di 4sustainability, marchio registrato che garantisce le performance di sostenibilità della filiera del fashion & luxury.

Da poco ha dato vita anche alla holding YHub e per capire il ruolo di questa sua ultima creatura, le ho chiesto, innanzitutto, di presentarcela, in modo da chiarire, a me e a voi, di che si tratta e su quale idea si fonda.

“Negli ultimi anni, spiega Francesca Rulli, il mercato ci ha confermato che la chiave per crescere è la collaborazione a ogni livello e che un elemento imprescindibile è l’interdipendenza tra moda, sostenibilità e tecnologia. YHub si fonda su questa consapevolezza come centro di competenze, metodo e tecnologia per supportare al meglio le sfide del settore. È la prima holding italiana di servizi innovativi e piattaforme digitali dedicata alla realizzazione di progetti virtuosi per la tracciabilità e la sostenibilità nel settore moda. E in questo consiste la sua unicità: nella sintesi fra metodologia, soluzioni tecnologiche e competenze a supporto della transizione sostenibile e nella verticalizzazione sul mondo moda. Ciò che si propone di creare è un eco-sistema collaborativo strutturato per accompagnare a 360° i brand e le imprese della filiera, dalla più piccola alla più grande, nella raccolta dei dati d’impatto ambientale sociale, nella loro verifica, validazione e condivisione tra i diversi stakeholder del settore, oltre che nella tracciabilità di prodotto. Il tutto per supportare la reportistica di sostenibilità e la costruzione di Passaporti Digitali di Prodotto idonei anche a indirizzare il consumatore verso scelte più responsabili”.

A proposito di Passaporti Digitali, sappiamo che l’Unione Europea sta lavorando al Digital Product Passport (DPP), quindi mi collego alle ultime parole di Francesca per chiederle cos’è questo ‘passaporto digitale’ e che vantaggi e/o svantaggi avrà.

“Idealmente il DPP vuol essere un ‘registro digitale’ con informazioni sull’intero ciclo di vita del prodotto: composizione, provenienza, percentuale di materie prime riciclate, chemical management, consumo idrico ed emissioni di CO2 connesse ai cicli produttivi, modalità d’uso e manutenzione. Informazioni condivise lungo tutta la catena del valore e accessibili tramite un identificatore fisico come un QR Code o altri data carrier come gli NFC o gli RFID”.

Tipi di dati che potrebbero andare in un passaporto digitale

“I DPP potrebbero ridisegnare completamente la progettazione, la produzione e l’acquisto dei prodotti, fornendo ai consumatori e alle imprese informazioni affidabili e comparabili sul loro impatto ambientale e sociale. Svantaggi non ce ne sono, anzi. Possono rafforzare la comunicazione aziendale, semplificare i messaggi agli stakeholder, proteggere la reputazione del marchio agganciandosi anche a sistemi anti-contraffazione e aiutare le autorità a condurre controlli più efficaci. Insomma, una rivoluzione che le imprese devono poter affrontare con gradualità, sapendo che il tema è allo studio di tutti i principali brand del settore ma che nulla accadrà all’improvviso. Durante l’ultima edizione dell’evento ‘4sustainability‘, lo scorso settembre, abbiamo proposto esattamente questo approccio, dando voce alle aziende che sull’argomento sono più avanti perché hanno già strutturato sistemi di tracciabilità e raccolta dati idonei a generare Passaporti Digitali di Prodotto. Non mancano i nodi da sciogliere, naturalmente: aspetti come la privacy dei dati, per esempio, le incertezze regolamentari e l’interoperabilità dei dati e della tecnologia. Ma la strada è tracciata, così come il traguardo a cui tendere”.

L’evento ‘4 sustainability’ dov’è stato presentato YHub

Per concludere chiedo a Francesca se, in questa transizione ecologica, ci saranno maggiori difficoltà per le piccole-medie imprese, che spesso non hanno disponibilità di investimento. Non c’è forse il rischio che vadano avanti solo le firme del lusso?

“Supportiamo da anni la trasformazione sostenibile delle aziende piccole e medie, le stesse su cui si fonda in larga parte il tessuto imprenditoriale italiano. E il cambiamento non dipende dalle dimensioni, ma dall’attitudine a innovare restando al passo con i tempi, oltre che dall’ovvio rispetto della compliance. Il problema si pone oggi per le realtà che negli ultimi vent’anni hanno investito poco o nulla, perché è evidente che il gap, in questi casi, potrebbe rivelarsi impossibile da colmare. Il percorso di sostenibilità che proponiamo con 4sustainability a supporto delle aziende si fonda su tre fattori-chiave: la valutazione dello stato di partenza, l’individuazione delle priorità in termini di costo-opportunità e la definizione di una roadmap triennale che metta in fila i progetti di riduzione di impatto ambientale e sociale misurando i progressi nel tempo”.

“Il presupposto è il commitment e cioè la volontà di migliorare la gestione d’impresa orientandola alla sostenibilità: le nostre aziende hanno poco da imparare quanto a competenze produttive, ma mancano spesso di tecniche manageriali, sistemi di gestione, misurazioni e procedure di ottimizzazione, formazione interna. Noi entriamo in gioco qui, supportando il loro percorso verso obiettivi di tracciabilità (4s TRACE), riduzione dei consumi di acqua ed energia e delle emissioni di CO2 in atmosfera (4s PLANET), chimica sostenibile (4s CHEM), conversione all’uso di materiali sostenibili (4s MATERIALS), benessere organizzativo (4s PEOPLE), buone pratiche di economia circolare (4s CYCLE)”. 

Articolo precedenteCentri di riparazione per un’economia circolare
Articolo successivo+mino, eco-giacche contemporanee

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci i tuoi commenti
Inserisci qui il tuo nome