Anche quest’anno è arrivato. Alla sua settima edizione, il Fashion Transparency Index 2022 di Fashion Revolution esce per fare il punto sull’impegno dei brand internazionali in una comunicazione trasparente riguardo alle proprie catene di fornitura.

Già nel report dell’anno scorso era emerso come il progresso in questo senso fosse ancora troppo lento, con un punteggio medio complessivo del 23%, quindi basso.

Il Fashion Transparency Index 2022 rileva l’aumento di un solo punto, 24%, rispetto al 2021, veramente troppo poco e in tutte le aree esaminate, l’impegno resta scarso, con molti marchi che non forniscono alcuna informazione sulle proprie catene di fornitura, per essere precisi il 50%, la metà!

Riguardo alle condizioni dei lavoratori, la maggior parte dei brand, ben il 96%, non rende noto il numero di operai della propria filiera pagati con un salario che garantisca loro la sussistenza, solo il 13% rivela quante delle strutture legate ai propri fornitori siano rappresentate dai sindacati, mentre un esiguo 11% pubblica un codice di condotta per acquisti responsabili.

Una pagina tratta del Fashion Transparency Index 2022 – courtesy Fashion Revolution

Persiste la discriminazione nei confronti della manodopera femminile, eppure il 94% dei marchi evita di rivelare la presenza e prevalenza di violazioni di genere; soltanto il 3% fornisce volontariamente il divario retributivo etnico annuale e solo l’8% le proprie azioni sull’uguaglianza razziale ed etnica nelle proprie catene di approvvigionamento.

Per quanto riguarda i materiali, solo il 37% fornisce informazioni sulla loro sostenibilità e nonostante ci siano ormai segni evidenti di spreco e sovrapproduzione di abbigliamento, l’85% dei brand continua a non rendere pubblici i volumi di produzione annuale.

Dobbiamo andare avanti? Il report è consultabile e scaricabile a questo link, per il resto, con parecchia delusione per risultati che pensavamo migliorati rispetto all’anno scorso, confermiamo che OVS è il primo marchio italiano impegnato, come l’anno scorso, nella trasparenza, insieme a Kmart Australia e Target Australia, seguiti da H&M, The North Face, Timberland, Vans e Benetton.

Tra i peggiori K-Way, Tom Ford e Max Mara, quest’ultimo brand figurava anche l’anno scorso tra i meno impegnati.

Traete un po’ le vostre conclusioni.

L’immagine di copertina courtesy Fashion Revolution



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