”Se fossi nei miei panni … “. Quante volte abbiamo usato questa espressione, ‘essere nei panni di’, ‘mettersi nei panni di’ … ma c’è chi lo fa davvero. Succede a Prato (di nuovo torniamo a parlare di questa realtà virtuosa e, ahimè, poco riprodotta in altri territori italiani) e si tratta di un progetto sociale che coinvolge, tra gli altri, il Comune di Prato, alcune aziende del distretto, la Fondazione Opera Santa Rita, onlus che assiste oltre duecento persone con gravi problemi di tipo sociale, psicologico o con varie disabilità, e alcuni ragazzi ivi ospitati.

L’iniziativa ‘Nei nostri panni – cenciaioli si diventa’, alla sua prima edizione, ha visto cinque migranti seguire un percorso di formazione di dodici mesi, prima in aula per ottenere tutte le certificazioni necessarie a lavorare in azienda e poi sul campo, per imparare a riconoscere, suddividere e selezionare gli scarti tessili e i vecchi abiti da rigenerare.

Un scuola per cenciaioli insomma, mestiere antico, di cui abbiamo già parlato, che ha sicuramente bisogno di continua manodopera, dato che a Prato non ci può essere rigenerazione senza qualcuno che a monte smisti e riconosca i materiali adatti al recupero. E queste figure sono sempre meno, con il rischio che un lavoro così prezioso e necessario non venga tramandato.

Ecco che ‘Nei nostri panni’ arriva per trasformare una criticità in opportunità ovvero, da una parte, salvaguardare la tradizione di un mestiere e dall’altra andare incontro a persone, in questo caso migranti, in una situazione di vulnerabilità.

Il progetto è nato dal basso, grazie anche al contributo diretto delle aziende, che hanno saputo vedere l’impatto positivo dell’iniziativa per la comunità e per la propria attività; c’è chi infatti ha ospitato i ragazzi per il tirocinio formativo retribuito e chi lo ha finanziato, tra cui Rifò e Filpucci, già ospiti del nostro blog.

‘Nei Nostri Panni’ ha generato anche l’interesse di una delegazione europea internazionale, che si è recata a Prato per conoscere l’arte della rigenerazione tessile e sostenere l’iniziativa.

A oggi tutti e 5 i ragazzi sono stati assunti dalle aziende che li hanno ospitati per il tirocinio retribuito.

Mi ero augurata, dal momento in cui io stessa avevo appreso di questa antica e preziosa arte dei cenciaioli, che si trovassero i modi per tramandarla e questo mi sembra un buon modo per farlo, pienamente sostenibile oltretutto, dato che tiene in piena considerazione l’aspetto sociale, imprescindibile se si vuole parlare di vera sostenibilità.

Le immagini e il video sono courtesy Rifò

Articolo precedenteTorna CirculART, per una moda più responsabile
Articolo successivoEndelea, dove i confini sono ponti verso il futuro

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci i tuoi commenti
Inserisci qui il tuo nome